sabato 25 maggio 2013

No alla bibliometria per valutare università e ricerca

Firmate la petizione No alla bibliometria per valutare università e ricerca, per chiedere l'abolizione degli indicatori bibliometrici per la valutazione di Università e Ricerca.
Al Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza
Onorevole Ministro,
L'università e la ricerca pubbliche in Italia hanno ormai le ore contate. Alla quasi totale sparizione dei finanziamenti si aggiungono le pesanti ripercussioni che saranno causate dal nuovo sistema di reclutamento e di progressione delle carriere basato sulle mediane degli indicatori bibliometrici concepito dall'Agenzia Nazionale di Valutazione di Università e Ricerca (Anvur).
Per sgombrare subito il campo dai facili malintesi, deve essere chiaro che noi non contestiamo la bibliometria dell' Anvur per timore di essere giudicati. Siamo dei seri professionisti, abituati ad essere giudicati dai peers per la pubblicazione dei nostri lavori e dagli studenti che assistono alle nostre lezioni. Siamo convinti che una valutazione seria, trasparente e condivisa dell’attività scientifica di ricercatori e docenti, sia un requisito fondamentale e irrinunciabile per il buon funzionamento del sistema dell'Università e della Ricerca. Riteniamo però estremamente pericoloso dal punto di vista culturale e scientifico che la valutazione sia affidata esclusivamente a un sistema bibliometrico automatico.
Come lei sa, a livello internazionale non esistono precedenti per quanto riguarda l'uso di mediane ai fini del reclutamento. Infatti, gli indicatori bibliometrici sono ritenuti inadeguati, in assenza di altri parametri, per valutare i livelli di qualità, autonomia scientifica o originalità di ricerca ed il loro uso è fortemente sconsigliato (http://www.roars.it/online/incerti-incompleti-e-modificabili-ecco-gli-indicatori-dei-candidati-allabilitazione/). Gli indicatori dell'Anvur, infatti, non entrano nel merito del numero degli autori e del contributo apportato dai singoli partecipanti agli articoli soggetti a valutazione e non tengono conto del livello qualitativo delle sedi di pubblicazione. Come se non bastasse, le forti oscillazioni che i valori delle mediane mostrano tra settori, anche appartenenti alla stessa area, creano forti disparità tra concorrenti: in certi casi è sufficiente avere una produzione appena mediocre per essere abilitato, mentre in altri viene richiesto un curriculum tale da mettere in difficoltà anche studiosi di fama internazionale. E' quasi inevitabile che questo sistema casereccio di "valutazione di stato" finirà per produrre svariate distorsioni, dando luogo in molti casi ad una meritocrazia alla rovescia, premiando la quantità a scapito della qualità.
L’utilizzo rigido degli stessi indicatori è stato messo in discussione addirittura dalla stessa Anvur. Sul sito dell'agenzia si legge, infatti, che il mancato raggiungimento dei parametri non preclude in alcun modo il diritto a partecipare alla abilitazione nazionale e anche il Ministero in un comunicato, ha invitato le commissioni a non considerarli indispensabili per l’abilitazione. Questa tardiva "conversione” ha però creato ulteriori problemi: nelle attuali abiltazioni le varie commissioni stanno adottando metri di giudizio diversi, con il risultato di fomentare polemiche, contenziosi e ricorsi che potrebbero mandare in stallo l'intero sistema. Una situazione stigmatizzata anche dai membri di molte commissioni che vivono una evidente frustazione per il gravoso e inutile compito che sono costretti a svolgere.
Usando una metafora biologica, il virus delle mediane Anvur in realtà sembra ormai fuori controllo e si sta rapidamente diffondendo, con ripercussioni negative a vari livelli. Ad esempio, in fase di reclutamento locale, le mediane potranno essere utilizzate come strumento per attuare una sorta di "eugenetica di docenti e ricercatori", ovvero: solo chi supera le mediane vale. Questo, in verità, sta già avvenendo per la selezione dei progetti di ricerca di interesse nazionale (Prin): un fenomeno aberrante sia dal punto di vista scientifico che culturale. Un altro effetto scatenato da questa "infezione" è rappresentato dalla spasmodica corsa al superamento delle mediane. Uno spinta perversa a pubblicare molto e subito, con ovvie ricadute negative su qualità, originalità e profondità del contributo scientifico, ma anche uno stimolo a mettere in atto escamotage e a innescare comportamenti scorretti, secondo la peggiore tradizione italiana. I soliti furbetti dell'accademia italiana, infatti, si stanno già attrezzando per racimolare surrogati di pubblicazioni su riviste caserecce dell'ultimo minuto e per barattare authorship e citazioni. Non c'è che dire, proprio un bel segnale educativo per le giovani generazioni.
Gentile Ministro, in virtù di quanto esposto, è evidente che malgrado le ingenti risorse e le energie investite, la nave nell'Anvur rischia di affondare prima di essere salpata, a causa di un sistema valutativo che si sta rivelando già in partenza più controproducente che utile.
Le chiediamo, quindi, che venga rivista sostanzialmente l'organizzazione dell'Anvur e le sua funzione e che sia abolito l'utilizzo dei requisiti bibliometrici, per mettere in atto misure urgenti ed efficaci volte ad instaurare un nuovo sistema di valutazione ispirato alle migliori pratiche internazionali. Un sistema basato su etica, qualità e responsabilità con il ruolo centrale dei Dipartimenti nel reclutamento e nella progressione delle carriere, che preveda una valutazione ex-post dei ricercatori e dei Dipartimenti stessi su base premiale.

Il villaggio dei dannati della ricerca (lettera aperta alla ministro Maria Chiara Carrozza)

Gentile Ministro Carrozza,
l’università e la ricerca pubbliche in Italia versano in condizioni disperate e come docente e ricercatore sento il bisogno di esprimerle la mia grande preoccupazione per una situazione che costituisce un’emergenza senza precedenti. I problemi da affontare sono molti e il suo compito è gravoso, ma a mio parere in questo momento esistono due principali priorità: i finanziamenti pubblici alla ricerca e il sistema di valutazione basato sui parametri dell’Agenzia nazionale di valutazione di università e ricerca (Anvur).
Anni fa Mario Capecchi, premio Nobel per la Biologia e Medicina, disse che «la ricerca scientifica è un elemento cardine dello sviluppo di un paese evoluto». Per questo, molti stati investono in ricerca pubblica ingenti porzioni del Pil, mentre in Italia le uniche misure attuate dagli ultimi governi hanno previsto solo tagli pesanti e indiscriminati, anche perché il pregiudizio ricorrente è che si spenda troppo per l’università e per una ricerca scientifica che non produce nulla. Niente di più falso, come dimostra una raffinata analisi di Giuseppe De Nicolao basata su dati Ocse . In particolare, a fronte di uno dei più bassi investimenti mondiali in rapporto al Pil, dal 1996 al 2010 l’Italia è per produzione scientifica all’ottavo posto nel mondo. Una specie di miracolo definito “italian paradox” sul sito del Cnrs.
Come era prevedibile, i tagli hanno avuto delle ricadute pesantissime. Sugli atenei, con il blocco del turnover, il calo delle assunzioni e nuovi aumenti delle tasse universitarie e anche sulla ricerca pubblica, con la quasi totale sparizione dei fondi ministeriali. Clamorosa la decurtazione di quelli destinati ai progetti di ricerca di interesse nazionale (Prin), istituiti nel 1996 dal governo Prodi, unica fonte di finanziamento per la ricerca pubblica. Per il bando del 2012, alle 14 aeree disciplinari il governo Monti ha destinato 38 milioni di euro, una miseria rispetto al passato (170 milioni di euro per il bando congiunto 2010-2011, 137 milioni nel 2004). Un insulto alla dignità e alla professionalità di migliaia di ricercatori che nei casi più fortunati, racimoleranno solo briciole. Al budget infimo dei Prin si sommano altre restrizioni da eliminare: il vincolo all’aggregazione dei ricercatori in base a fasce di età, che di fatto limita la libertà di ricerca e la preselezione dei progetti interna agli atenei, facilmente addomesticabile dai soliti noti. Nel complesso, questa situazione, lungi dal nuocere a fannulloni e nepotisti, penalizza le componenti più produttive e vitali degli Atenei e dei centri di ricerca.
Alla penuria di fondi si sommano i problemi causati dal nuovo sistema di reclutamento e progressione delle carriere basato sulle mediane degli indicatori bibliometrici (articoli pubblicati negli ultimi dieci anni, h-index e citazioni) stabiliti Anvur. È innegabile che la valutazione dell’attività scientifica di ricercatori e docenti rappresenta un requisito irrinunciabile, ma è rischioso affidarla a rigidi indicatori che a livello internazionale sono sconsigliati in quanto fallaci nel valutare autonomia scientifica, qualità e originalità. Gli indicatori, infatti, non entrano nel merito del contributo dei singoli negli articoli, che è invece fondamentale soprattutto nel settore scientifico (ad esempio in Biologia e Medicina) e viene espresso dall’ordine degli autori. E non tengono nemmeno conto del livello qualitativo delle riviste scientifiche dove sono pubblicati gli articoli stessi. Con questi criteri aberranti, ad esempio, 20 articoli su Annali italiani di chirurgia, varrebbero più di 10 articoli su Nature. Inoltre, le mediane degli indicatori mostrano forti oscillazioni tra macro-settori, anche di una stessa area e in certi casi per superarle è sufficiente una produzione scientifica appena mediocre, mentre in altri viene richiesto un curriculum da Nobel. Ma c’è di più: i settori con mediane più basse, quindi di livello minore, nel tempo potranno attrarre più candidati abilitati, crescendo (ma solo dal punto di vista quantitativo) a discapito dei settori più competitivi con mediane più alte, più difficili da essere superate. Un’eccezione potrebbe essere rappresentata da quei campi di indagine che fisiologicamente sono già più diffusi e dominanti.
Infine, ci sono le ricadute negative che l’utilizzo degli indicatori avrà soprattutto sui più giovani. D’ora in poi, nel “villaggio dei dannati della ricerca italiana” dottorandi, borsisti, assegnisti di ricerca e neo-ricercatori saranno impegnati nella spasmodica rincorsa al superamento delle mediane. Saranno spinti a pubblicare molto e molto fretta, scegliendo settori di indagine di moda che fruttano più citazioni di altri, privilegiando la quantità alla qualità, a discapito di autonomia, approfondimento, curiosità e originalità.
Non sarebbe stato meglio per tutti, se l’Anvur si fosse confrontata con la comunità scientifica per arrivare a delle scelte il più possibile condivise, invece di comportarsi come un’astronave aliena sbarcata sulla terra per soggiogare il genere umano?
L’utilizzo delle sconsiderate mediane potrà avere un impatto negativo anche sulla chiamata di chi è già idoneo. Infatti, la Sapienza di Roma ha attivato di una procedura per la chiamata degli idonei di prima fascia a cui sarà ammesso solo chi supera tutte e tre le mediane Anvur. Un provvedimento che viola le norme della recente riforma, secondo cui gli organi responsabili del reclutamento sono i Dipartimenti.
Gentile Ministro, è così che si intende premiare il merito e incentivare la ricerca nel nostro paese? Un tale sistema di valutazione, automatico e casereccio in molti casi premierà la quantità a scapito della qualità, producendo una meritocrazia alla rovescia. L’università e la ricerca in Italia hanno bisogno di una cura, ma questa non deve uccidere il paziente, come purtroppo sta accadendo, è urgente un cambio di strategia. Auspichiamo che tra i suoi primi interventi lei abbia la forza di mettere in atto misure efficaci che introducano un nuovo sistema di valutazione per l’assegnazione dei finanziamenti, per il reclutamento e la progressione delle carriere, basato su qualità, etica e responsabilità.
Se ciò non accadrà, se in Italia la classe politica e dirigente continuerà solo a sbandierare proclami elettorali e agende virtuali, se l’istruzione e la ricerca pubbliche verranno fatte morire, il decadimento del nostro paese sarà sempre più veloce e la melma del sottosviluppo morale, culturale e economico ci sommegerà definitamente.
Patrizio Dimitri, Professore associato di Genetica Dipartimento di Biologia e Biotecnologie "Charles Darwin", Università La Sapienza
Pubblicato su Europa, 13 MAGGIO 2013 http://www.europaquotidiano.it/2013/05/13/il-villaggio-dei-dannati-della-ricerca-in-italia-lettera-aperta-al-ministro-carrozza/

mercoledì 1 maggio 2013

Breve messaggio al neo Ministro Maria Chiara Carrozza

Gentile Ministro,
Mi rivolgo a lei per comunicarle la mia grande preoccupazione, e quella di moltissimi colleghi, per le dannose ripercussioni in ambito universitario che potranno derivare dal nuovo sistema delle abilitazioni, basato sulla rigida e casereccia bibliometria stabilita dall'Agenzia nazionale di valutazione di Università e Ricerca (Anvur).
E’ innegabile che una seria e trasparente valutazione dell’attività scientifica rappresenta un requisito fondamentale e irrinunciabile per il reclutamento di ricercatori e docenti, ma è quantomeno rischioso affidarla esclusivamente a rigidi indicatori bibliometrici. Infatti, come lei sa, a livello internazionale tali indicatori non sono ritenuti affidabili per valutare i livelli di qualità, autonomia scientifica o originalità di ricerca. Per quanto riguarda il numero di pubblicazioni e di relative citazioni, ad esempio, gli indicatori non permettono affatto di entrare nel merito del contributo apportato dai singoli autori. Soprattutto nel settore scientifico, in Biologia e Medicina, due delle aree CUN più ampie, l’ordine degli autori di un articolo è invece fondamentale perché rispecchia il contributo al lavoro. Come se non bastasse, gli indicatori Anvur non tengono nemmeno conto del livello qualitativo delle riviste scientifiche dove sono stati pubblicati gli articoli soggetti a valutazione. Secondo questa logica aberrante, 20 articoli su Annali Italiani di Chirurgia, valgono più di 10 articoli su Nature. E' così che si intende premiare il merito nel nostro paese? Con un siffatto sistema di "valutazione di stato", automatico e casereccio, c'è veramente da avere paura: nella buona parte dei casi si finirà per premiare la quantità a scapito della qualità, producendo una meritocrazia alla rovescia: un messaggio deleterio e fortemente anticulturale.
Ma gli effetti deleteri dell’utilizzo delle mediane non finiscono qui, ci potrà essere un impatto negativo anche sulla chiamata di chi è già idoneo, avendo superato i concorsi dell’ultima mandata del 2010 (vedi articolo precedente).
Gentile Ministro, speriamo ardentemente che tra i primi interventi della sua agenda ci sia la revisione definitiva del reclutamento basato sulle mediane Anvur, per arrivare ad un sistema basato su qualità, etica e responsabilità.
Con i miei migliori auguri di buon lavoro. Patrizio Dimitri