sabato 13 ottobre 2007

Ricerca, così non basta, di Rosy Bindi

Su Europa del 12 ottobre viene pubblicata la risposta di Rosy Bindi alla nostra lettera


Cari Professori e Ricercatori,

la vostra lettera, prima e più che domande a noi candidati segretari del Partito Democratico, esprime la delusione del mondo universitario rispetto al governo di cui anch'io faccio parte. Delusione forte quanto le attese e le speranze che il programma dell'Unione aveva suscitato. E' segno di responsabilità che la prima e piú circostanziata risposta sia venuta da Luciano Modica, sottosegretario all'Università; ed è segno di responsabilità rispondervi riprendendo in larga misura la risposta di Modica, come hanno fatto anche Letta e Veltroni in questi stessi giorni.

In questo spirito è giusto ricordare quanto il governo ha pur fatto. Il varo dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), e, prima che sia operativa, l'aggancio dei nuovi posti al numero di giovani formati e alla qualità della ricerca secondo il CIVR (Comitato di Indirizzo per la valutazione della Ricerca); il bando dei primi posti da ricercatore su fondi 2007, stimati in 20 milioni di € (benché, purtroppo, ancora con le vecchie regole); i successivi 1200 posti da ricercatore fra 2008 e 2009 con le nuove regole; la recente approvazione del disegno di legge delega sul riordino degli enti di ricerca; il recentissimo sblocco, ancorché con molto ritardo, dei fondi PRIN; il patto per l'università e la ricerca col Ministero della Salute del 2006 e quello col Ministero dell'Economia presentato lo scorso agosto.

Mi permetto di aggiungere una novità sfuggita perfino all'elenco di Modica e secondo me importante: il nuovo metodo di selezione dei vertici degli enti di ricerca. Il Comitato di alta consulenza, composto da scienziati italiani e stranieri di fama mondiale, dovrà indicare una rosa di nomi tra cui il ministro Mussi individuerà la personalità da proporre al Consiglio dei Ministri e al Parlamento per la nomina a Presidente del Cnr. La designazione del Comitato costituisce il terzo esempio (dopo quello dell'Agenzia Spaziale Italiana e dell'Istituto Nazionale di Astrofisica) di affidamento alla stessa comunità scientifica delle procedure di scelta degli organi direttivi degli enti di ricerca, e rappresenta a mio avviso una vera rivoluzione. La politica si spoglia di una prerogativa che in Italia aveva avuto da sempre (e spesso utilizzato male), e allinea il Paese agli standard internazionali.

Si tratta solo di segnali e non ancora dei fatti che università e ricerca reclamano. Riconosco anch’io, come osserva Modica, che un punto strategico del programma dell'Unione, quello della priorità da assegnare al tema del sapere in un'economia della conoscenza, è stato finora mancato, con quei risultati potenzialmente catastrofici, da voi stessi segnalati: soprattutto un'ulteriore emorragia dei cervelli e un elevato invecchiamento del corpo docente..

In che modo impegnarsi, nello stretto sentiero imposto dai vincoli del risanamento finanziario, per realizzare questo punto chiave del programma dell'Unione entro la legislatura, e raggiungere, per fare un esempio, gli standard scientifici e universitari della Spagna di oggi, che ha risalito la china e ci ha superati grazie ad un'incisiva e relativamente breve azione di governo?

Credo che ciò si possa realizzare anche promuovendo un partito capace di dialogare in permanenza, non solo nei momenti critici o elettorali, con i migliori docenti e scienziati, anche quelli, ovviamente, che non votano per il centrosinistra.

Il Pd, per essere anello di collegamento fra cittadini e istituzioni secondo il suo ruolo costituzionale, per proseguire e potenziare una compatta e coerente azione dei propri ministri in favore della priorità del sapere, deve recuperare e valorizzare le migliori competenze ed esperienze del Paese, affinché il programma dell'Unione si traduca in articoli delle leggi finanziarie ed in interventi mirati ed efficaci.

Ma lasciatemi dire che nel 2006 siamo partiti dalle macerie, sia nei finanziamenti che nel campo specifico della ricerca e dell'università, e abbiamo ancora davanti a noi più di tre anni. Non è tempo di predisporre un nuovo programma o prefigurare un nuovo governo: si ripartirebbe da risultati ancora troppo limitati proprio nel campo della ricerca e dell’università, nel quale covano non solo delusioni e richieste di maggior rinnovamento, ma anche potenti resistenze trasversali alle poche buone azioni finora intraprese.
Ma ora, invece, è il tempo di dimostrare che il governo Prodi può e sa mantenere le promesse del suo programma ed il Partito Democratico deve saper fare la propria parte per vincere la sfida di un’Italia più libera, più ricca e più giusta perché investe nella cultura, nei saperi e nella ricerca.

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