venerdì 5 ottobre 2007

Così il Pd sosterrà la ricerca, di Walter Veltroni

Su "Europa" del 6 ottobre scorso viene pubblicata la risposta di Walter Veltroni alla nostra lettera aperta del 26 settembre.

Il documento degli scienziati e dei ricercatori pubblicato nei giorni scorsi da Europa pone problemi reali.
Il sistema della ricerca, in Italia, soffre di una mancanza di fondi, di una carenza di programmazione, di una scarsa considerazione del merito.
È vero che anche la ricerca non può che soffrire la situazione dei conti pubblici del paese, la più pesante delle eredità del centrodestra.
Così come è vero che alcune recenti proposte di riforma, dalle nuove regole per il reclutamento dei ricercatori al nuovo strumento di finanziamento dei progetti di ricerca volto a integrare i fondi per la ricerca di base con quelli della ricerca applicata, si sono scontrate con lentezze procedurali che vanno superate.
In questo come in altri campi.
Ma al di là di questo, i firmatari del Manifesto pongono un problema più generale.
Il Partito democratico saprà davvero fare della ricerca una priorità? Saprà, cioè, scegliere il futuro contro i particolarismi, saprà riconoscere il ruolo decisivo che le risorse immateriali, vale a dire l’attività della ricerca, il sapere che c’è nella testa delle persone e che poi si traduce in concreta innovazione e diffusione di conoscenza, hanno nel determinare i livelli di produttività e di competitività del paese? Saprà far vivere l’idea che solo uno sviluppo basato sulla conoscenza può essere ambientalmente e socialmente sostenibile, può tenere insieme crescita economica, benessere e libertà delle persone? Affermare nei fatti queste priorità è una delle ragioni fondative del Partito democratico. Costruire le condizioni per cui l’Italia possa crescere nell’economia e nella società della conoscenza è una delle sue ragioni d’essere. Ci sono alcuni fatti che lasciano ben sperare. Il primo è l’approvazione in via definitiva del disegno di legge delega sul riordino degli Enti di ricerca, che dà agli Enti autonomia statutaria, liquida le intromissioni lottizzatrici dei partiti all’interno dei loro organismi direttivi, li libera da un eccesso di legislazione, rende la comunità scientifica responsabile dell’organizzazione del proprio lavoro e dei propri risultati.
Il secondo è il cammino dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema dell’Università e della ricerca, pensata per riconoscere le eccellenze e individuare le criticità del sistema, per promuoverne la crescita e la qualità. Concretamente, vuol dire che si potrà rafforzare l’indispensabile legame tra valutazione della ricerca e trasferimenti delle risorse, che dovranno essere mirate innanzitutto alle eccellenze. Autonomia e valutazione sono principi fondamentali.
Perché se è vero che i fondi destinati alla ricerca e all’Università devono nel complesso aumentare, è vero anche che bisogna saper programmare, rendere certi i finanziamenti e scegliere dove indirizzarli.
Il che vuol dire prendere con decisione la strada della valutazione oggettiva fatta da persone competenti e terze, per orientare il flusso delle risorse in modo tale che dare finalmente spazio al merito sia non solo giusto e proficuo in prospettiva ma anche immediatamente conveniente.
Fare questo vorrebbe dire anche guadagnare più credito sul piano internazionale e moltiplicare le occasioni per stare in rete nei gruppi di ricerca ad alto livello.
Accanto a questo bisogna puntare con decisione sul rafforzamento del legame tra università e mondo produttivo, incentivando la grande impresa a fare ricerca, immaginando ad esempio progetti congiunti con strutture pubbliche, e diffondendo la pratica dell’innovazione nelle piccole imprese, anche con gli opportuni sostegni finanziari.
La ricerca e l’università italiane hanno bisogno di aria nuova.
Bisogna sbloccare i concorsi e riaprire le porte di accesso all’università.
Ci sono energie, ci sono talenti che non devono più trovare ostacoli, piccoli interessi e vecchie logiche di potere a sbarrare loro la strada. Anche qui non è solo giusto: è l’unico modo per rendere le nostre università e i nostri istituti di ricerca dei centri di eccellenza in grado di coinvolgere e trattenere le migliori intelligenze del paese e di attrarre ricercatori e docenti da ogni parte del mondo.
Sostenere la ricerca non è un lusso, è una necessità. È su di essa, e sul sistema dell’istruzione, che un paese costruisce il suo futuro

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