domenica 23 dicembre 2007

Triste Natale per università e ricerca.

Tristi notizie dal Natale della finanziaria: il governo Prodi, come un chirurgo sadico e di mano malferma, per il secondo anno di fila ha inciso tagli profondi nelle carni già martoriate della ricerca scientifica italiana. Nel maxiemendamento sono stati “scippati” 92 milioni di euro destinati ad atenei ed enti pubblici di ricerca. I tagli serviranno per accontentare i trasportatori e per altre “micromisure” risultate prive della copertura prevista. A poco è valso il “patto per università e ricerca” firmato a settembre dai ministri Mussi e Padoa-Schioppa: qui a “schioppare” saranno docenti e ricercatori, privati delle necessarie sovvenzioni. Che strano, i politici così trasversalmente prodighi di belle frasi di circostanza nei confronti di ricerca e formazione, al momento di fare i fatti vengono sempre colti da gravi amnesie. L’anno scorso, Rita Levi Montalcini votò la finanziaria al Senato solo grazie alla promessa, poi non mantenuta dal governo, di inserire provvedimenti a favore della ricerca. Ricordate le risposte di Bindi, Letta e Veltroni su "Europa”, in risposta alla nostra appello firmato da più di 500 colleghi? I tre sottolinearono con grande enfasi che il sostegno della ricerca era una priorità del Partito Democratico. Perchè ora tacciono? Mussi, invece, come un anno fa finge di protestare, sbuffa, borbotta, chiede rimedi, ma in mente ha solo la sua Sinistra Democratica. Ormai è tutto tristemente chiaro: con una classe politica tanto inaffidabile quanto inossidabile, la ricerca scientifica sarà sempre la cenerentola di un paese “borbonico”. Arriverà mai un bel principe a restituirle la giusta dignità?

giovedì 15 novembre 2007

Si sta come d'autunno, di Patrizio Dimitri

"Soldati"
Bosco di Courton luglio 1918

Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie.

Qual'è il nesso tra la poesia “Soldati” di Ungaretti e la ricerca scientifica, direte voi? Beh, non bisogna essere dei critici letterari per cogliere l'analogia con la precaria condizione della ricerca e dei ricercatori nel nostro “bel” paese.

Come molti di noi sanno, dopo più di un anno di legislatura, sia nel campo dei concorsi che in quello della valutazione e dei fondi alla ricerca, le riforme promesse sono ancora immerse in acque stagnanti. La storia infinita del bando PRIN 2007 ne è il tragico esempio. Il bando è uscito per la prima volta in 11 anni, con un grave ritardo di ben 6 mesi sulla tempistica prevista creando gravi difficoltà a migliaia di ricercatori e precari. Infatti, la ricerca, al contario della politica italiana, è un’attività soggetta a forte competizione ed una sua interruzione o limitazione, per mancanza di fondi e personale, può comportare gravi ritardi e danni irreversibili. Questa tremenda stagnazione ha generato precarietà, disorientamento e frustrazione nella comunità dei ricercatori. Nel mio laboratorio, ad esempio, due ottimi elementi che avevano conseguito il dottorato di ricerca e pubblicato su ottime riviste internazionali, sono stati costretti ad abbandonare, perchè non era possibile prospettare loro una programmazione certa. Chi ci risarcirà di questi ed altri danni? In molti paesi europei la programmazione della ricerca pubblica si fa in largo anticipo, mentre i nostri politici si confermano maestri d'improvvisazione, una qualità che sarebbe certo più apprezzata in un gruppo jazz.

Ed il Ministro Mussi cosa fa? Nel corso del programma Exit, ha continuato a citare i suoi interventi a favore della ricerca pubblica. Ma dove vive? Forse in una realtà parallela dove le persone sembrano le stesse, ma in realtà non lo sono e gli eventi hanno esito diverso? La sua immaginazione è degna di Philip Dick. Purtroppo, Mussi parla bene, anzi benissimo, ma razzola male, anzi malissimo.

lunedì 12 novembre 2007

Ricerca, Atto di accusa firmato PD, di Mario Lavia, Europa 23-10-2007

Inserisco tardivamente il commento di Mario Lavia ad un articolo di Walter Tocci pubblicato su "Italianieuropei". Purtroppo, non sono ancora riuscito a reperire il testo dell'articolo originale di Tocci.

È «con amarezza» che Walter Tocci ha scritto un lungo articolo su Italianieuropei nel quale fa pelo e contropelo al governo sul tema ricerca e università. Un’amarezza comprensibile, poiché l’autore, deputato del Pd, ex diessino, da anni segue con passione e competenza le vicissitudini di un settore di cui si parla tantissimo ma per il quale si fa pochissimo. Nelle settimane scorse Europa si è fatta tramite del disagio di un nutrito gruppo di scienziati sollecitando le repliche di Veltroni, Letta e Bindi. E continuerà a seguire la questione.
L’articolo di Tocci – “Un anno di governo per ricerca e università” – è una rassegna degli errori e dei ritardi che il governo Prodi può “vantare” a dispetto delle sue proclamate intenzioni. «Il programma elettorale del centrosinistra – ricorda Tocci – proponeva di disboscare la selva normativa cresciuta negli ultimi decenni (...) premiando il merito sulla base di risultati rigorosamente verificati e investendo risorse su questa opera di rinnovamento.
Era una linea semplice e si poteva riassumere con tre verbi: valutare, delegificare e investire. Purtroppo è accaduto esattamente il contrario ».
C’è stato «un blocco operativo della valutazione», si è registrata «un’enfasi normativa» tale da far raggiungere «il record tutto italiano di un numero spropositato di leggi in vigore circa 700 solo per l’università », fino all’«autolesionismo» di soldi stanziati (300 milioni per i bandi di ricerca) allocati anziché sui fondi già esistenti su un nuovo fondo per il quale bisogna scrivere un nuovo regolamento eccetera eccetera... Una specie di Azione parallela che «ha bloccato di fatto se non di diritto i concorsi per ricercatore », e così «si sono persi nove mesi». Dulcis in fundo, «la Finanziaria ha tagliato i bilanci di università, enti e ministero». Qui sotto accusa è la politica economica del governo: «I soloni di via XX settembre sostenevano che fosse necessario per salvare la finanza pubblica e rimettere in piedi l’Italia, poi si è scoperto il tesoretto, che tutti considerano una buona notizia, mentre si tratta della plateale conferma di un grave errore di previsione ».
Tutto è perduto? No. Si tratta però «di mettere in campo azioni concrete per aiutare quei riformatori che pur camminando controvento stanno già facendo una buona ricerca e una bella università, senza scoraggiarli con vecchie politiche ». Si può «correggere la rotta ». Ma il tempo non è dalla parte del governo.

mercoledì 31 ottobre 2007

Chi ha paura della valutazione? Di Marta Rapallini

Inserisco volentieri l'intervento di Marta Rapallini, Segreteria particolare Sottosegretario MiUR, in risposta al comunicato ANDU del 29 ottobre.
Anche io sono convinto, e l'ho scritto più volte (vedi post del 18 ottobre), che una seria valutazione di ricercatori e docenti sia un punto imprescindibile per la riforma del sistema università-ricerca. Se si vuole innescare un cambiamento reale e produttivo, se si vuole bonificare la palude degli assenteisti e dei nullafacenti, non bisogna sottrarsi alla valutazione. A mio parere, il requisito fondamentale per una valutazione seria, è che questa debba essere condotta da persone esperte, studiosi con un buon curriculum scientifico, molti dei quali stranieri e, quindi, meno avvezzi ad inciuci, nepotismi e localismi. Se la valutazione sarà fatta sempre dagli stessi personaggi, spesso solo burocrati, maestri nell'esercizio del potere, allora potremo scordarci qualsiasi cambiamento.


Spett.le ANDU,
rispondo al vostro comunicato del 29 ottobre. Credo che sia ora di fare chiarezza e credo che sia ormai non più procrastinabile che l’università italiana, e con essa ovviamente i suoi docenti e ricercatori, decidano in quale direzione andare. Perché se la direzione e’ quella dell’autonomia responsabile il ricorso alla valutazione dell’Anvur deve essere considerato strumento indispensabile per il Governo del sistema. Viceversa se la direzione fosse quella della “centralizzazione” del sistema (opposto dell’autonomia) allora l’Anvur diverrebbe strumento del Governo.
Questo Governo finalmente ha compiuto, con l’istituzione dell’Anvur, un passo decisivo verso la creazione, anche in Italia, di un organismo terzo, indipendente di valutazione del sistema universitario e della ricerca. Ruolo decisivo in questa azione lo ha avuto proprio il Ministro Mussi e voi dell’ANDU lo ricorderete senz’altro poiché avete partecipato, insieme a tutti i sindacati, a lunghe riunioni in cui il ministro ha illustrato e difeso la “sua” agenzia dai conservatorismi presenti nel sistema.
Voi e altri dite che l’Anvur dovrebbe limitarsi a valutare le istituzioni e le strutture. Bene ma mi chiedo, come fa l’Anvur a valutare istituzioni, sedi e strutture se non anche attraverso la valutazione del lavoro dei suoi docenti e ricercatori? Perché una università autonoma non dovrebbe chiedere di conoscere quali sono i gruppi di ricerca o i docenti che contribuiscono maggiormente alla sua crescita? Perché la stessa università autonoma non dovrebbe, nelle sedi opportune, incentivare il l’operato di questi suoi docenti e ricercatori? Io penso che gli incentivi che la L. 370/99 aveva istituito abbiano fallito il loro obbiettivo perché le università non avevano le strutture adatte a valutare il lavoro del loro personale: l’Anvur potrà servire anche a questo. Per obbiettivo fallito intendo che l’unico, o quasi, criterio di attribuzione degli incentivi è sempre stato la distribuzione uniforme cosa che, spero che tutti siano d’accordo, è l’opposto dell’incentivo.
Mi chiedo ancora: perché se il merito di docenti e ricercatori diventerà elemento importante per l’assegnazione di una quota, seppur ancora piccola, di finanziamento premiale alla struttura, non potrà essere uno dei tasselli della carriera di un docente? Anche a questo proposito ogni posizione sottintende una visione del sistema. Credo che sia giusto, e spero tanti come me, che un docente o ricercatore venga reclutato presto nel sistema, con un ruolo non precario ma stabile. A questa idea si oppone un certo conservatorismo che crede che solo una ristretta cerchia di autorevoli professori anziani siano in grado di decidere quali “giovani”, ma non troppo, siano sufficientemente “maturi” per accedere al ruolo. Ma questo imprimatur non può avvenire troppo presto per ovvi motivi. In coerenza, ecco il proliferare di una selva di contratti, assegni, borse e quant’altro per mantenere un bacino stabile di “giovani” da cui l’autorevole gotha delle università possa cooptare. A questa visione gerarchica e antica dell’università non si può rispondere con una autonomia irresponsabile come troppo spesso abbiamo visto fare in questi anni. L’atto di reclutamento, che deve necessariamente essere serio, trasparente e scientificamente valido, non può essere però l’unico atto con cui un ateneo autonomo valuta i docenti e i ricercatori che operano presso di sé. Il reclutamento deve avvenire presto, quindi su una personalità scientifica ancora non completamente definita, ad esso perciò devono seguire, a cadenza diversa, valutazioni scientifiche dei docenti e ricercatori. E’ garanzia del sistema, degli atenei e dei singoli docenti e ricercatori se queste valutazioni periodiche verranno effettuate dall’Anvur proprio a causa della sua terzietà.

Veniamo all’emendamento Tocci et al. Esso esprime un concetto già presente in un comma nel testo del regolamento per il reclutamento dei ricercatori proposto dal MiUR. Concetto anche più volte ribadito dagli esponenti del Ministero, il Ministro in primis ovviamente. Il regolamento, tutt’ora all’attenzione del Consiglio di Stato, nella sua versione finale ha dovuto essere privato di quel comma per problemi tecnico-giuridici. Quindi l’emendamento, lungi dall’essere un golpe, traduce proprio quanto sopra esposto, ovvero indica la direzione verso cui questo Governo, e in particolare il Ministro Mussi, vogliono orientare il sistema: più responsabilità, meno precarietà, meno arbitrarietà, più trasparenza. L’emendamento ha sollevato, e in questo concordo con quanti lo hanno osservato, un’ingiusta differenziazione tra ricercatori e professori. Ma anche per questo la motivazione è solo tecnico giuridica: un articolo sui ricercatori non può contenere un comma sui professori. Ma si tratta di un primo passo infatti il Senato, comprendendo questo, ha votato un ordine del Giorno che impegna il Governo ad introdurre questo aspetto in una visione organica.
Quindi qualsiasi decisione che andasse in una direzione diversa da quella contenuta nel regolamento di reclutamento e dal coerente emendamento in VII commissione della Camera, rappresenterebbe sì un cambio di rotta di questo Governo. La coerenza non è tutto ma la chiarezza è davvero indispensabile per trarre da un sano confronto politico la via giusta da seguire.

Marta RapalliniArea sapere DS-Ulivo, Segreteria particolare Sottosegretario MiUR

giovedì 18 ottobre 2007

Basta parole, adesso servono i fatti, di Patrizio Dimitri

Inserisco un mio commento sulle risposte di Rosy Bindi, Enrico Letta e Walter Veltroni alla nostra lettera aperta del 26 settembre. Una versione riveduta e un po' "maciullata" del commento è stata pubblicata oggi da Europa.

Rosy Bindi, Enrico Letta e Walter Veltroni hanno risposto all’appello di centinaia di docenti e ricercatori apparso su Europa il 26 settembre scorso, affermando che il Partito Democratico sosterrà università e ricerca. I tre candidati, con una dose forse eccessiva d’ottimismo, intravedono anche segnali incoraggianti. Non ce ne vogliano, ma dopo un anno e mezzo di legislatura, questi segnali sono ancora troppo flebili, direi quasi omeopatici. Cerchiamo di vedere perché.
La “mitica” agenzia di valutazione (ANVUR) fluttua ancora nel mondo delle idee platoniche: il Consiglio di stato, infatti, ne ha bocciato il decreto. I progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) sono usciti per la prima volta in 11 anni con un ritardo di 6 mesi, dopo la bocciatura da parte della Corte dei Conti, ed il budget stanziato di 74 milioni di euro somiglia molto ad un’elemosina. Ci assicurano che arriverà a 150 milioni grazie a fondi sbloccati in finanziaria, ma di questi tempi è meglio essere cauti. Bisogna anche dire che le nuove norme del PRIN sono state modificate al fotofinish, rispetto a quelle eleborate in precedenza dal sottosegretario Modica, e le modifiche non sono certo migliorative (per i dettagli leggete il precedente commento del Rettore dell'Università di Camerino, Fulvio Esposito). Per continuare con l’elenco dei successi, il nuovo regolamento per il reclutamento dei ricercatori è stato anch’esso bocciato dalla Corte dei Conti. Il Ministro Mussi ha ottenuto lo sblocco di 20 milioni di euro per bandire 1000 posti di ricercatore da espletare con le vecchie e criticate norme, un atto dovuto, non c’è che dire, anche se non si può evitare di constatare l’aspetto grottesco della vicenda. I finanziamenti andranno solo alle università che hanno un rapporto tra spese per stipendi e fondi di finanziamento ordinario inferiore al 90%, e ad ogni posto verrà destinato il 50% del budget necessario, il resto dovranno mettercelo gli atenei.
Queste ed altre vicende, da cui è emersa anche una buona dose di superficialità ed improvvisazione da parte del Governo, hanno generato precarietà, disorientamento, frustrazione e rabbia nella comunità dei ricercatori. Non a caso, l’on. Modica per primo ha fatto una sincera e sofferta autocritica che è stata da noi apprezzata.
La verità è che la ricerca pubblica è da sempre un optional nel nostro paese: belle parole, buone intenzioni e patti di solidarietà firmati da Ministri che poi si traducono in poche risorse. Basti pensare che la finanziaria ha previsto per il 2008 solo 80 milioni di euro per la ricerca, un altro magrissimo bottino.
Nonostante questi problemi, la ricerca italiana è, in media, molto competitiva nel contesto internazionale e Mussi lo sa bene. Un risultato sorprendente raggiunto grazie a professori, ricercatori e precari sottopagati, che da sempre si fanno in quattro per “mandare avanti la baracca”, svolgendo didattica e ricerca con passione e competenza, anche al posto di chi all’università non mette mai piede. Sono quelli che l’onorevole Walter Tocci ha chiamato “eroi civili”, figure che hanno poco peso nel mondo accademico, emarginati o assorbiti da un lavoro che concede poche pause. Figure che non fanno notizia e vengono confuse, dal fumoso qualunquismo dei media, nella stessa “bolgia infernale”, con nepotisti, corrotti e fannulloni.
Ormai, però, gli “eroi civili” sono stremati: passione e dedizione non bastano più. Occorre ristabilire equità e serietà, iniziare a bonificare le paludi degli sprechi, distribuire le risorse a chi ha dimostrato di saperle far fruttare, premiando in base ai risultati e non ai legami familiari, assegnando incentivi stipendiali a chi fa bene il proprio lavoro. C’è bisogno di aria nuova, come dice Veltroni, ma anche di persone nuove. Per avviare il cambiamento sarà necessario un sistema di valutazione, trasparente e più oggettivo possibile, dell’attività didattica e scientifica, che premi competenza e serietà. E allora, l’ANVUR, se mai vedrà la luce, dovrà essere veramente svincolata da politica ed accademia, i concorsi non dovranno più essere guidati dai “soliti noti” e nelle commissioni si dovrà prevedere la presenza di esperti di rilievo internazionale, meglio se stranieri, perché svincolati da baronie locali. Dobbiamo evitare che si perpetui la logica gattopardesca del “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Purtroppo, il nuovo regolamento sul reclutamento dei ricercatori appare un ibrido tra concorsi locali e nazionali che difficilmente estirperà localismo e nepotismo.
E’ auspicabile, come dice la Bindi, che il dibattito tra ricercatori e politici, apertosi su “Europa”, non si limiti ai soli momenti elettorali, ma prosegua, per arrivare in tempi brevi a riforme condivise e risolutive a favore di Università e Ricerca. E’ necessario che alle parole seguano finalmente i fatti.

sabato 13 ottobre 2007

Ricerca, così non basta, di Rosy Bindi

Su Europa del 12 ottobre viene pubblicata la risposta di Rosy Bindi alla nostra lettera


Cari Professori e Ricercatori,

la vostra lettera, prima e più che domande a noi candidati segretari del Partito Democratico, esprime la delusione del mondo universitario rispetto al governo di cui anch'io faccio parte. Delusione forte quanto le attese e le speranze che il programma dell'Unione aveva suscitato. E' segno di responsabilità che la prima e piú circostanziata risposta sia venuta da Luciano Modica, sottosegretario all'Università; ed è segno di responsabilità rispondervi riprendendo in larga misura la risposta di Modica, come hanno fatto anche Letta e Veltroni in questi stessi giorni.

In questo spirito è giusto ricordare quanto il governo ha pur fatto. Il varo dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), e, prima che sia operativa, l'aggancio dei nuovi posti al numero di giovani formati e alla qualità della ricerca secondo il CIVR (Comitato di Indirizzo per la valutazione della Ricerca); il bando dei primi posti da ricercatore su fondi 2007, stimati in 20 milioni di € (benché, purtroppo, ancora con le vecchie regole); i successivi 1200 posti da ricercatore fra 2008 e 2009 con le nuove regole; la recente approvazione del disegno di legge delega sul riordino degli enti di ricerca; il recentissimo sblocco, ancorché con molto ritardo, dei fondi PRIN; il patto per l'università e la ricerca col Ministero della Salute del 2006 e quello col Ministero dell'Economia presentato lo scorso agosto.

Mi permetto di aggiungere una novità sfuggita perfino all'elenco di Modica e secondo me importante: il nuovo metodo di selezione dei vertici degli enti di ricerca. Il Comitato di alta consulenza, composto da scienziati italiani e stranieri di fama mondiale, dovrà indicare una rosa di nomi tra cui il ministro Mussi individuerà la personalità da proporre al Consiglio dei Ministri e al Parlamento per la nomina a Presidente del Cnr. La designazione del Comitato costituisce il terzo esempio (dopo quello dell'Agenzia Spaziale Italiana e dell'Istituto Nazionale di Astrofisica) di affidamento alla stessa comunità scientifica delle procedure di scelta degli organi direttivi degli enti di ricerca, e rappresenta a mio avviso una vera rivoluzione. La politica si spoglia di una prerogativa che in Italia aveva avuto da sempre (e spesso utilizzato male), e allinea il Paese agli standard internazionali.

Si tratta solo di segnali e non ancora dei fatti che università e ricerca reclamano. Riconosco anch’io, come osserva Modica, che un punto strategico del programma dell'Unione, quello della priorità da assegnare al tema del sapere in un'economia della conoscenza, è stato finora mancato, con quei risultati potenzialmente catastrofici, da voi stessi segnalati: soprattutto un'ulteriore emorragia dei cervelli e un elevato invecchiamento del corpo docente..

In che modo impegnarsi, nello stretto sentiero imposto dai vincoli del risanamento finanziario, per realizzare questo punto chiave del programma dell'Unione entro la legislatura, e raggiungere, per fare un esempio, gli standard scientifici e universitari della Spagna di oggi, che ha risalito la china e ci ha superati grazie ad un'incisiva e relativamente breve azione di governo?

Credo che ciò si possa realizzare anche promuovendo un partito capace di dialogare in permanenza, non solo nei momenti critici o elettorali, con i migliori docenti e scienziati, anche quelli, ovviamente, che non votano per il centrosinistra.

Il Pd, per essere anello di collegamento fra cittadini e istituzioni secondo il suo ruolo costituzionale, per proseguire e potenziare una compatta e coerente azione dei propri ministri in favore della priorità del sapere, deve recuperare e valorizzare le migliori competenze ed esperienze del Paese, affinché il programma dell'Unione si traduca in articoli delle leggi finanziarie ed in interventi mirati ed efficaci.

Ma lasciatemi dire che nel 2006 siamo partiti dalle macerie, sia nei finanziamenti che nel campo specifico della ricerca e dell'università, e abbiamo ancora davanti a noi più di tre anni. Non è tempo di predisporre un nuovo programma o prefigurare un nuovo governo: si ripartirebbe da risultati ancora troppo limitati proprio nel campo della ricerca e dell’università, nel quale covano non solo delusioni e richieste di maggior rinnovamento, ma anche potenti resistenze trasversali alle poche buone azioni finora intraprese.
Ma ora, invece, è il tempo di dimostrare che il governo Prodi può e sa mantenere le promesse del suo programma ed il Partito Democratico deve saper fare la propria parte per vincere la sfida di un’Italia più libera, più ricca e più giusta perché investe nella cultura, nei saperi e nella ricerca.

venerdì 5 ottobre 2007

Così il Pd sosterrà la ricerca, di Walter Veltroni

Su "Europa" del 6 ottobre scorso viene pubblicata la risposta di Walter Veltroni alla nostra lettera aperta del 26 settembre.

Il documento degli scienziati e dei ricercatori pubblicato nei giorni scorsi da Europa pone problemi reali.
Il sistema della ricerca, in Italia, soffre di una mancanza di fondi, di una carenza di programmazione, di una scarsa considerazione del merito.
È vero che anche la ricerca non può che soffrire la situazione dei conti pubblici del paese, la più pesante delle eredità del centrodestra.
Così come è vero che alcune recenti proposte di riforma, dalle nuove regole per il reclutamento dei ricercatori al nuovo strumento di finanziamento dei progetti di ricerca volto a integrare i fondi per la ricerca di base con quelli della ricerca applicata, si sono scontrate con lentezze procedurali che vanno superate.
In questo come in altri campi.
Ma al di là di questo, i firmatari del Manifesto pongono un problema più generale.
Il Partito democratico saprà davvero fare della ricerca una priorità? Saprà, cioè, scegliere il futuro contro i particolarismi, saprà riconoscere il ruolo decisivo che le risorse immateriali, vale a dire l’attività della ricerca, il sapere che c’è nella testa delle persone e che poi si traduce in concreta innovazione e diffusione di conoscenza, hanno nel determinare i livelli di produttività e di competitività del paese? Saprà far vivere l’idea che solo uno sviluppo basato sulla conoscenza può essere ambientalmente e socialmente sostenibile, può tenere insieme crescita economica, benessere e libertà delle persone? Affermare nei fatti queste priorità è una delle ragioni fondative del Partito democratico. Costruire le condizioni per cui l’Italia possa crescere nell’economia e nella società della conoscenza è una delle sue ragioni d’essere. Ci sono alcuni fatti che lasciano ben sperare. Il primo è l’approvazione in via definitiva del disegno di legge delega sul riordino degli Enti di ricerca, che dà agli Enti autonomia statutaria, liquida le intromissioni lottizzatrici dei partiti all’interno dei loro organismi direttivi, li libera da un eccesso di legislazione, rende la comunità scientifica responsabile dell’organizzazione del proprio lavoro e dei propri risultati.
Il secondo è il cammino dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema dell’Università e della ricerca, pensata per riconoscere le eccellenze e individuare le criticità del sistema, per promuoverne la crescita e la qualità. Concretamente, vuol dire che si potrà rafforzare l’indispensabile legame tra valutazione della ricerca e trasferimenti delle risorse, che dovranno essere mirate innanzitutto alle eccellenze. Autonomia e valutazione sono principi fondamentali.
Perché se è vero che i fondi destinati alla ricerca e all’Università devono nel complesso aumentare, è vero anche che bisogna saper programmare, rendere certi i finanziamenti e scegliere dove indirizzarli.
Il che vuol dire prendere con decisione la strada della valutazione oggettiva fatta da persone competenti e terze, per orientare il flusso delle risorse in modo tale che dare finalmente spazio al merito sia non solo giusto e proficuo in prospettiva ma anche immediatamente conveniente.
Fare questo vorrebbe dire anche guadagnare più credito sul piano internazionale e moltiplicare le occasioni per stare in rete nei gruppi di ricerca ad alto livello.
Accanto a questo bisogna puntare con decisione sul rafforzamento del legame tra università e mondo produttivo, incentivando la grande impresa a fare ricerca, immaginando ad esempio progetti congiunti con strutture pubbliche, e diffondendo la pratica dell’innovazione nelle piccole imprese, anche con gli opportuni sostegni finanziari.
La ricerca e l’università italiane hanno bisogno di aria nuova.
Bisogna sbloccare i concorsi e riaprire le porte di accesso all’università.
Ci sono energie, ci sono talenti che non devono più trovare ostacoli, piccoli interessi e vecchie logiche di potere a sbarrare loro la strada. Anche qui non è solo giusto: è l’unico modo per rendere le nostre università e i nostri istituti di ricerca dei centri di eccellenza in grado di coinvolgere e trattenere le migliori intelligenze del paese e di attrarre ricercatori e docenti da ogni parte del mondo.
Sostenere la ricerca non è un lusso, è una necessità. È su di essa, e sul sistema dell’istruzione, che un paese costruisce il suo futuro

mercoledì 3 ottobre 2007

LA CORTE DEI CONTI REGISTRA IL BANDO PRIN 2007

La Corte dei Conti ha registrato oggi il Bando PRIN 2007, che diventa quindi pienamente operativo. Inoltre, l’art. 1 del decreto-legge di accompagnamento alla Finanziaria, in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ha disposto lo sblocco di ulteriori fondi per la ricerca sul bilancio 2007. Pertanto, il Bando PRIN 2007 potrà prevedere, per il 2007, 150 milioni di euro. DOBBIAMO CREDERCI???
Sul sito del PRIN sono presenti nota illustrativa ed fac-simili dei modelli A e B.

lunedì 1 ottobre 2007

IMPORTANTE: leggete la nota illustrativa sul PRIN 2007

Cliccate sul titolo del post per consultare il pdf. Le unità degli enti avranno un responsabile locale degli enti, mi sembra giusto!

Università italiana: come far di tutta l'erba un fascio

Nell’articolo “La triste università italiana produce gli stanchi del domani”, pubblicato oggi su “Il Riformista”, il signor Giuliano Da Empoli rende un pessimo servizio all’informazione e alla parte sana dell’università e della ricerca nel nostro paese. E' anche grazie a chi spara a zero sull'università nel suo complesso senza fare i dovuti distinguo, se siamo messi così male. Cliccate sul titolo del post per leggere l'articolo.

domenica 30 settembre 2007

Università e Ricerca, Governo e Partito Democratico: la risposta di Luciano Modica alla nostra lettera aperta.

Pubblichiamo una sincera e, immagino, sofferta autocritica del sottosegretario Luciano Modica, in risposta alla nostra lettera aperta apparsa da Europa il 26 settembre 2007.

Università e Ricerca, Governo e Partito Democratico
Luciano Modica, 18 settembre 2007


Per iniziativa della FISV (Federazione Italiana Scienze della Vita) il 14 settembre è stata resa pubblica una lettera aperta su università e ricerca indirizzata ai candidati alla segreteria del Partito Democratico. Sono un convinto sostenitore del Partito Democratico e della candidatura a segretario di Walter Veltroni. Vorrei quindi condividere con i firmatari della lettera alcune riflessioni ispirate dalla mia attuale esperienza come sottosegretario all’università.

Nel mondo universitario la delusione nei confronti del governo di cui faccio parte sconfina ormai in sconforto generalizzato. Forse le attese erano state troppo forti, ma i risultati sono ancora davvero miseri. Vi sono alcune ragioni: la scelta di austerità della spesa pubblica, la debolezza numerica della maggioranza parlamentare, la diffusa sfiducia nell’università che serpeggia nell’opinione pubblica. Ma, in questi sedici mesi di governo, il prezzo pagato in campo universitario è stato certamente troppo alto.

L’esempio più evidente è citato nella lettera aperta. La coalizione di centro sinistra aveva esplicitamente scritto nel programma elettorale di voler investire nella ricerca “libera”, cioè quella liberamente proposta dai ricercatori, la più importante per l’innovazione di medio e lungo periodo.

Il governo è riuscito ad inserire in legge la ricerca libera – è la prima volta che succede – e a destinarle nuovi finanziamenti tramite il fondo FIRST che unifica i fondi esistenti e li incrementa di 300 milioni. Ha esteso la partecipazione ai bandi per la ricerca libera di interesse nazionale al personale di ricerca sia delle università che degli enti pubblici di ricerca affinché il sistema della ricerca pubblica costituisca un’unica rete integrata. Ha vincolato per legge l’assegnazione dei fondi a procedure di valutazione condivise a livello internazionale nelle rispettive comunità disciplinari.

A fronte di quest’impegno riformatore, il Ministero ha varato solo oggi il regolamento per i fondi annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN), con una dotazione di poco più di 74 milioni, paradossalmente molto meno di quanto fu stanziato nel 2005. Ci sono delle ragioni di tipo giuridico-finanziario che sarebbero noiose per chi non ama i cavilli e certamente non consolerebbero né convincerebbero per nulla i docenti universitari.

Ma soprattutto, rispetto al testo del regolamento PRIN messo a punto dopo mesi di lavoro, nel decreto appena firmato è stata quasi del tutto perduta l’occasione per operare una riforma profonda, senza precise ragioni. I ricercatori degli enti pubblici di ricerca sono rimasti esclusi, salvo che possono partecipare come comprimari nei progetti dei professori universitari. I dottorandi di ricerca e tanti giovani precari assegnisti e contrattisti di ricerca non vengono nemmeno citati, non possono presentare domanda di finanziamento e forse non possono neppure far parte delle unità operative. L’utilizzazione delle aree scientifiche dell’European Research Council, che avrebbe anche giovato per spingere i ricercatori italiani a confrontarsi sulle stesse basi su cui si confrontano in Europa, è stata sostituita dalla vecchia e rassicurante suddivisione nelle 14 aree CUN, per giunta con un minimo di finanziamento garantito indipendente dalla qualità delle domande pervenute. E si potrebbe continuare.

Un’occasione mancata, nonostante che qualche punto positivo sia rimasto, come la quota riservata ai giovani e il ritorno al sistema dei revisori anonimi. Rimane solo da chiedere con forza che, fatte le dovute modifiche legislative per superare alcune contraddizioni nella legge vigente, il PRIN 2008 sia bandito nel gennaio 2008 e sia davvero quello della svolta: nuove regole, molte più risorse.

La vicenda PRIN ci insegna che vi sono certamente insufficienze del nostro governo ma vi è anche un malessere generale della nostra democrazia. Chi ha avuto dagli elettori il mandato di governare il Paese non è spesso in condizioni di farlo in modo efficiente. Un’inestricabile rete di controlli di forma che tendono a trasformarsi in controlli di merito, una spasmodica attenzione alla procedura più che al risultato si alleano silenziosamente con gli ambienti più conservatori e ottengono l’effetto di diluire nel tempo, per mesi e anni, ogni atto di governo e di occultare ogni responsabilità. Il risultato è la sensazione, assai diffusa nell’opinione pubblica, che nulla cambi mai con nessun governo. E’ il fallimento della politica, che sfocia nell’antipolitica periodicamente riaffiorante.

Sono sincero: viene forte e frequente la voglia di mollare tutto. Se non lo faccio è perché sento la responsabilità che mi è stata affidata e dalle responsabilità non si fugge. E’ un lavoro quasi disperato, in una macchina ministeriale che stenta a funzionare bene e per un sistema universitario esasperato. Ma è l’unico modo di tentare di realizzare nella legislatura il programma che abbiamo proposto e promesso ai nostri concittadini.

La lettera aperta tocca altri due punti caldi. Uno è quello delle nuove regole per i concorsi per ricercatore, tema quanto mai delicato e su cui si stanno esercitando poteri interdittivi forti. Le nuove regole devono assicurare, come prescrive la legge finanziaria 2007, celerità, trasparenza e allineamento agli standard internazionali. Anche in questo caso abbiamo realizzato, almeno in termini normativi, una parte del programma elettorale.

Il mondo accademico si è dimostrato generalmente alquanto scettico, spesso risolutamente contrario alle nuove regole. Sono grato ai firmatari della lettera aperta di una posizione invece favorevole, che spero si diffonda perché è assolutamente urgente recuperare la credibilità nazionale e internazionale dei nostri meccanismi di reclutamento universitario.

In questo momento il regolamento sui concorsi è sottoposto agli organi di controllo. Abbiamo sei mesi di ritardo ma speriamo di concludere quanto prima la procedura mantenendo intatto l’impianto riformatore. Però, per evitare di mandare a residuo i 20 milioni di euro che la finanziaria stanziava per la prima tranche 2007 di concorsi per ricercatore con le nuove regole (sono pur sempre circa 400 nuovi posti), abbiamo deciso di assegnare subito questi fondi alle università in modo che reclutino comunque nuovi ricercatori anche se con le vecchie regole. Lo abbiamo fatto con le stesse preoccupazioni che la lettera aperta sottolinea, ma ci sarebbe sembrato ancora peggio far perdere al sistema universitario queste risorse. Per il 2008 sono già stanziati altri 20 milioni e per il 2009 ulteriori 40, quindi un totale di altri 1200 posti da mettere a concorso con le nuove regole. Non disperiamo di poter incrementare ancora queste cifre con la prossima legge finanziaria.

Vorrei anche segnalare che, per la prima volta, i nuovi posti non saranno assegnati alle università secondo i soliti parametri (numero professori, numero studenti, etc.) ma sulla base del numero dei giovani che ogni università ha formato alla ricerca e sulla base della valutazione della qualità della ricerca operata dal CIVR.

E’ ancora un altro passo per realizzare il nostro programma, sia pure con gravi ritardi e tra grandi difficoltà. Se pensassi che il programma non potesse più essere realizzato, non esiterei un momento a dimettermi.

Infine il secondo punto caldo segnalato dalla lettera aperta, quello dei tagli ai bilanci degli enti di ricerca. Non ho usato prima parole leggere. Ripeto qui che il sacrificio finanziario richiesto ad università ed enti pubblici di ricerca dalla finanziaria 2007 è stato troppo pesante. Però va detto che il taglio ai bilanci degli enti operato a dicembre è stato restituito col decreto-legge di luglio, una volta verificato che il risanamento delle finanze statali era ormai avviato se non raggiunto. Sono in corso le operazioni di assegnazione ai singoli enti di ricerca con un decreto ministeriale su cui devono esprimersi le commissioni parlamentari e gli organi di controllo. Comunque, al termine della procedura, il finanziamento statale degli enti di ricerca vedrà nel 2007 un significativo aumento rispetto ai dati del 2006.

In conclusione devo ammettere che un punto strategico del programma è stato finora mancato, quello della priorità da assegnare al tema del sapere in un’economia della conoscenza. E’ un impegno preciso del Partito Democratico, testimoniato in un appello firmato da migliaia di persone, che la priorità del sapere si trasformi finalmente da predicata in praticata. E’ l’impegno principale della mia attività politica e lo sarà anche nel nuovo partito.

Però, se il primo DPEF del governo Prodi (luglio 2006) sembrava addirittura affermare che la spesa pubblica per l’università era eccessiva, il secondo (luglio 2007) rettifica giustamente la posizione segnalando onestamente che tra i diciannove Paesi europei che fanno parte dell’OCSE, l’Italia è tristemente il fanalino di coda nelle spese per l’istruzione post-secondaria, sia come percentuale rispetto alla spesa pubblica totale (Italia = 1,6%, media europea = 2,7%), sia come percentuale sul PIL (Italia = 0,8%, media europea = 1,3%). Per raggiungere la media europea non basterebbero 4 miliardi.

Sono dati amari e preoccupanti. Entro il mese di settembre sarà sottoscritto un patto per l’università e la ricerca col Ministero dell’economia, sull’esempio di quello sottoscritto nel 2006 dal Ministero della salute che ha dato buoni risultati per quel settore. Dovrebbe seguirne una finanziaria migliore per il nostro settore di quella dell’anno scorso.

Mi rendo ben conto che non sono ancora i “fatti” che giustamente università e ricerca reclamano, ma solo “segnali”. Troppo poco, certamente. Non accampo giustificazioni. Spero solo che i tanti che credono, sperano e lavorano seriamente nell’università e nella ricerca abbiano colto almeno il senso di marcia della nostra azione. Sarebbe già tanto se vogliamo, come vogliamo, che i fatti finalmente arrivino.

Più soldi solo a chi fa ricerca: la risposta di Enrico Letta alla nostra lettera aperta.

Più soldi solo a chi fa ricerca, di Enrico Letta, "Europa", 29 settembre 2007

La ricerca è la fonte dello sviluppo economico e sociale di un paese. Non si tratta di un luogo comune: senza ricerca non c’è futuro per le economie Avanzate. E un partito realmente nuovo, quale il Pd ha l’ambizione di essere, non può che conferirle un rilievo prioritario nella sua carta fondativa. In particolare se crediamo – come sto ripetendo in queste settimane di campagna per le primarie – che la costruzione del futuro debba rappresentare il punto di partenza e, al tempo stesso, il nerbo della proposta politica del Partito democratico.
Difendere e rilanciare la ricerca in Italia significa preparare il terreno per un futuro migliore, per noi stessi e per i nostri figli. Per questo il grido di allarme lanciato ai candidati alla segreteria del Pd da una parte importante del mondo della ricerca italiana, e pubblicato martedì scorso da Europa, merita attenzione nell’analisi e cautela nella formulazione di eventuali soluzioni. Soprattutto perché, se prevalesse ancora una volta la delusione, perderemmo, forse definitivamente, la fiducia di un pezzo irrinunciabile dell’intelligenza del paese.
Partiamo da alcune evidenze. Da oltre un decennio il sistema della ricerca paga lo scotto di un quadro della finanza pubblica deteriorato, che, schiacciato sotto il peso di un enorme debito, continua a penalizzare gli investimenti in settori chiave per la nostra economia.Non solo la ricerca, ma anche l’innovazione tecnologica, le grandi infrastrutture, le energie rinnovabili.
Negli ultimi anni a questa oggettiva criticità si sono accompagnati i contraccolpi di una concorrenza mondiale durissima, proveniente soprattutto dai paesi emergenti. In un simile contesto, in assenza di una risposta di sistema, dietro l’angolo potrebbe esserci l’ennesima emorragia di eccellenti ricercatori. Il tutto a discapito evidentemente di quella valorizzazione del capitale umano e della creatività che da anni invochiamo come un fattore chiave per recuperare slancio e competitività.
Il governo Prodi ha avviato alcune misure per rispondere alle istanze sempre più diffuse e autorevoli avanzate dal mondo della ricerca.
Dal varo dell’Agenzia per la valutazione al piano di risanamento finanziario per le università concordato tra il ministro Mussi e il ministro Padoa-Schioppa. Fino all’apertura, recentissima, del bando Prin. Molto ancora c’è da fare, lo sappiamo. In particolare, è fondamentale dare risposte tangibili, con investimenti cospicui, per quanto riguarda il piano per i nuovi ricercatori e lo sblocco dei concorsi, con l’obiettivo di favorire l’immissione in ruolo di tanti giovani da anni in attesa della propria, legittima, opportunità. L’Agenzia di valutazione deve partire subito.
Il Cnr deve ritornare al suo ruolo di motore fondamentale della ricerca, governato, come accade in tutti i paesi europei, da scienziati di fama e non da manager.
Si tratta di obiettivi ambiziosi e di breve termine, possibili da raggiungere se intorno ad essi saremo in grado di convogliare l’attenzione e il consenso dell’intera maggioranza di governo. Esistono poi obiettivi più a lunga gittata, sui quali il Partito democratico, fin dalla sua costituzione, può pungolare insistentemente il dibattito. Contribuendo anzitutto a superare l’equivoco concettuale secondo cui le politiche per la ricerca sono settoriali, appannaggio esclusivo di un solo ministero. E ricordando a tutti che la fuga dei cervelli – riflesso e allo stesso tempo concausa dello stato in cui versa la ricerca italiana – rischia di trasformarsi in una sconfitta d’immagine per il nostro paese, nella dimostrazione della nostra incapacità di offrire occasioni di futuro alle nostre eccellenze.
Premesso che è facile e quasi banale affermare che occorre garantire finanziamenti adeguati alla ricerca e non interromperne il flusso, come purtroppo negli ultimi anni è accaduto, vorrei esporre anche alcune idee forse un po’ eterodosse rispetto alle attese dei firmatari dell’appello, ma credo che, proprio perché l’ambizione del Pd è quella di disegnare il futuro del paese, sia opportuno misurarsi sulle questioni difficili.
Primo. Sono convinto che occorra separare i canali di finanziamento delle università in due parti: una proporzionale al numero degli studenti iscritti e con premialità per i servizi alla didattica migliori; l’altra rigorosamente proporzionale alla ricerca.
Secondo. Credo che anche una ricerca che possa diventare attività imprenditoriale debba essere incentivata: corsi di dottorato con un corpo docenti internazionale, tenuti in inglese, con l’obiettivo non necessariamente di preparare alla carriera accademica, ma magari di inserire uomini e progetti innovativi nell’industria e, perché no?, nell’alta amministrazione pubblica.
In conclusione, su questi temi è necessario ragionare senza pregiudizi e a tutto campo, e che la valorizzazione dei cervelli e della ricerca scientifica non è solo questione di soldi (come, del resto, i firmatari dell’appello sanno benissimo).

Lo ha detto Mussi-4: Intervista del 4 Settembre 2007

UNIVERSITA' e RICERCA motore dell'Italia: ne parlano Andrea Ranieri e Fabio Mussi, intervistati da Giuliano Giubilei e Giovanni Caprara. Cliccate sul titolo del post e guardatatevi il video dove Mussi predica bene........

martedì 25 settembre 2007

LETTERA APERTA SU UNIVERSITA' E RICERCA AI CANDIDATI SEGRETARI DEL PARTITO DEMOCRATICO (pubblicata su "Europa" il 26 settembre)

I problemi della ricerca in Italia non sono una novità, ma oggi la loro gravità è ulteriormente cresciuta. Ogni forma di seria programmazione sembra misteriosamente inattuabile e malgrado ricerca e istruzione rappresentino il primo punto nella cosiddetta “Agenda per la crescita” adottata dal Governo, nessuno dei buoni propositi annunciati è stato realizzato dopo più di un anno di legislatura. I fondi, che erano già scarsi, sono diventati drammaticamente insufficienti e le riforme promesse dal Ministro Mussi sono tuttora “imbalsamate” da nuove normative, la cui discussione sta creando una fase di stallo apparentemente senza fine. Per rimediare servono interventi concreti, adeguati ed immediati da parte del Governo, servono risorse vere e non virtuali, e ce li aspettiamo a partire dalla imminente finanziaria.

Per questi motivi, abbiamo inviato una lettera aperta ai candidati segreteri del nascente Partito Democratico. La lettera è visibile alla pagina web http://www.fisv.org/SciPol.php , (per visualizzarla cliccate sul titolo del post. Le adesioni sono per ora circa 500, tra docenti, ricercatori e precari di Università ed Enti di Ricerca e sono destinate a crescere. Non chiediamo favori o elemosina, vogliamo denunciare la grave fase di stallo che stiamo vivendo e auspichiamo riforme vere e non virtuali. Siamo stanchi di promesse.

Nella lettera, che sarà pubblicata il 26 settembre sul quotidiano "Europa", chiediamo ai candidati quali priorità intendono assegnare a università e ricerca e quali interventi pensano di attuare, per arrivare finalmente a riforme concrete e veramente risolutive, al fine di rilanciare la ricerca scientifica nel nostro paese.

Come primo risultato, abbiamo ricevuto l’inattesa risposta del sottosegretario Modica (http://www.lucianomodica.it/attivita_view.php?id=109), che fa una seria autocritica sul primo anno e mezzo di attivita' del Parlamento, del Governo e del Ministero sulle questioni universitarie.

Ora aspettiamo che si apra un dibattito serio e proficuo sui temi da noi sollevati. Candidati: fatevi avanti!

lunedì 24 settembre 2007

Sulla divisione tra Università ed Enti: lettera di Patrizia Lavia, Maurizia Caruso e Armando Felsani

Caro Patrizio e cari tutti,

Questo mail è frutto di considerazioni nostre e di vari colleghi CNR con
i quali ci siamo scambiati amarezze in questi giorni. Constatiamo, anche
nella vicenda PRIN, la persistente divisione tra Università ed Enti.

Da alcuni anni assistiamo, nell’indifferenza imperturbabile del mondo
universitario, alla totale mancanza di definizione (di fatto, uno
smantellamento) del CNR, il più grande ente pubblico di ricerca, la cui
eccellenza in alcuni settori è fuori discussione e che noi non vi
dobbiamo dimostrare; un ente di cui tutti i professori universitari di
una certa generazione sono stati parte e da cui tutti hanno avuto
finanziamenti e borsisti. Ora il CNR è in uno stato di non dichiarata ma
ineluttabile agonia. Si vorrebbe, forse, che facesse ricerche più
applicative, ma non lo si dota dei mezzi necessari e invece lo si
gerarchizza, come se questo fosse risolutivo. Come mai voi professori
non ve ne sentite toccati, non dico per solidarietà con noi, ma non
foss’altro perchè si usano ottusamente risorse dello stesso ministero
per mantenere una rete di istituti che non sono poi messi nella
condizione di produrre ricerca?

Anche l’ultima vicenda del PRIN è significativa. Prima si era detto di
aprirlo agli Enti. Poi è emerso che i soldi sono troppo pochi. Adesso il
bando, nel suo ennesimo tentativo di compromesso tra capra e cavoli, è
semplicemente offensivo quando dice “può essere prevista, all'interno di
ciascun progetto, la partecipazione di un'unità operativa appartenente
agli Enti di Ricerca”, ma poi attenzione: Il coordinamento di ogni UO è
affidato ai soggetti di cui al comma 2, e cioè: un Professore o un
ricercatore del ruolo universitario, o un assistente ordinario del ruolo
ad esaurimento. Quindi, il ricercatore degli Enti non può avere la
responsabilità della propria UO?! Allora, se il problema è di soldi, era
meglio non nominarci proprio e dichiarare che questo bando è riservato
alla ricerca universitaria. Ma non si può dire ad un ricercatore che
egli può contribuire alla ricerca solo se un universitario amico se ne
assume la responsabilità! Ma perché il bando deve costringere i
ricercatori degli Enti a una tale mancanza di dignità, per due lire? Non
si capisce, e non se ne vede la finalità: si tratta di un compromesso
scioccamente ed inutilmente offensivo. A proposito di merito, peraltro,
non ci è sembrato di vedere nel bando che i coordinatori debbano
accludere il loro CV o le pubblicazioni. Come dire: basta la parola!

Il sentimento generale dei colleghi CNR è che non se ne può veramente
più, e non è solo un problema di soldi. Crediamo che i ricercatori CNR
debbano a questo punto trovare una forma d’espressione (forse da
discutersi nel prossimo congresso FISV?). Poiché la mailing list
affronta diversi aspetti del modo in cui la ricerca viene governata,
pensiamo che anche gli universitari debbano riflettere su questi punti,
che non sono solo un ‘nostro’ problema.

Patrizia Lavia, Maurizia Caruso e Armando Felsani


Patrizia Lavia
CNR National Research Council
IBPM - Institute of Molecular Biology and Pathology
c/o Department of Genetics and Molecular Biology
University "La Sapienza"
Via degli Apuli 4, 00185 Rome, Italy
Fax: +39-06-445 7529
Lab Phone: +39-06-445 7528
Office: +39-06-4991 7536
patrizia.lavia@uniroma1.it

sabato 22 settembre 2007

"Ricercatori, bocciata la riforma: concorsi nuovi con regole vecchie" di Veronica Cursi

In questo articolo pubblicato su "Il Messaggero " (per leggerlo cliccate sul titolo del post) viene commentata la bocciatura del nuovo regolamento sul reclutamento dei ricercatori universitari da parte del Consiglio di Stato. Si legge che la bocciatura è "dovuta a due vizi di legittimità in particolare: l'obbligatorieta' del titolo di dottore di ricerca o assegnista di ricerca, che secondo i giudici amministrativi sono titoli di merito e non possono essere vincolanti per la partecipazione al concorso. E il metodo per la costituzione delle commissioni di ateneo: per il Consiglio di Stato le commissioni devono dare maggior peso agli esperti."

Il famigerato comma 3 dell'articolo 3 del bando PRIN 2007: sono ammesse le unità "meticcie"?


ART. 3 
Caratteristiche dei progetti.

1. I progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) possono essere relativi ad ognuna delle 14 aree disciplinari di cui al citato D.M. n. 175 del 2000.

2. Ciascun progetto di ricerca è sviluppato in una o più unità operative e deve essere coordinato da un Professore o da un ricercatore del ruolo universitario, o da un assistente ordinario del ruolo ad esaurimento, denominato Coordinatore scientifico. Ciascun progetto può prevedere un numero massimo di cinque unità locali. Il Coordinatore scientifico, oltre all'attività di coordinamento dovrà, per il tramite di una propria unità operativa, essere impegnato direttamente nella ricerca.

3. Il coordinamento di ogni unità operativa è affidato ai soggetti di cui al comma 2, denominati Responsabili di unità. Può essere prevista, all'interno di ciascun progetto, la partecipazione di un'unità operativa appartenente agli Enti di Ricerca.


DOMANDA: I ricercatori degli enti devono esclusivamente appartenere ad un'unità operativa omogenea, ovvero composta solo da ricercatori degli enti (coordinatore a parte), oppure si prevedono anche unità "meticcie"? Per saperne di più dovremo chiedere al Cineca.

La telenovela dei PRIN: risposta a Fulvio Esposito

Caro Fulvio,

Grazie per la tua approfondita analisi sul decreto dei PRIN 2007. Vorrei solo aggiungere qualche altro commento.
Rispetto alle bozze precedenti, in quella di agosto e nel decreto definitivo pubblicato sul sito del MiUR, sono spariti gli esperti revisori stranieri, a mio parere indispensabili per i settori scientifici. Sempre per i settori scientifici, trovo inutile l'obbligo di compilare la domanda anche in italiano. Penso, inoltre, che si potrebbe fare a meno del comitato dei 9 “saggi”, i progetti dovrebbero essere smistati direttamente ai revisori presenti nel database secondo le parole chiave, senza possibiltà di “interventi” ulteriori, basterebbe una segreteria competente e degli esperti d'area nominati dalle società scientifiche.

Un altro punto dolente è dato dal grave ritardo con cui questo bando fa la sua uscita, dopo una confusa e grottesca telenovela durata 6 mesi, fatta di annunci, smentite, bozze e contro-bozze! Per non parlare del budget di 74 milioni di euro, una ridicola elemosina che potrà causare una distribuzione a pioggia, oppure una selezione estrema (dove non sempre è premiata la qualità), col rischio di accantonare ottimi progetti, come già accaduto nel 2006. E non sono così sicuro che il budget verrà incrementato, come dicono. C’è, poi, il problema degli enti di ricerca che prima sono stati illusi e adesso si ritrovano anch’essi relegati ad una partecipazione di secondo piano, costretti a competere con gli universitari per contendersi un misero osso rosicchiato. A questo riguardo, non è ancora ben chiaro se sarà possibile organizzare unità miste (enti +università).

Sono anche io molto deluso e con me moltissimi altri colleghi: tutti confidavamo nel Governo ed in Mussi. Anche per questo, abbiamo preparato il testo per una lettera che sarà inviata ai candidati alla segreteria del nascente Partito Democratico. Siamo arrivati a 449 firme. In questo modo speriamo di “agitare” le acque stagnanti in cui stiamo annaspando e innescare un dibattito ampio e proficuo, perchè sulla ricerca non cali il sipario del silenzio. Perchè i politici finalmente si convincano che siamo stanchi di promesse disattese e capiscano che serve una programmazione seria, servono vere riforme, immediate e risolutive per la ricerca. L'improvvisazione funziona solo nel jazz!

Aderite alla lettera aperta per i candidati segretari del nascente Partito Democratico

Insieme a Jacopo Meldolesi, Patrizia Lavia e Angelo Peccerillo abbiamo preparato il testo per una lettera che sarà inviata ai candidati segreteri del nascente PD. Siamo arrivati a 449 firme. L'obiettivo è di smuovere un po’ le acque, innescare un dibattito, far si che si continui a parlare dei problemi della ricerca e dell’università, magari cercando anche di risolverli.

Martedì prossimo la lettera dovrebbe essere pubblicata su “Europa”. Per leggere la lettera cliccate sul titolo di questo post. Se ne condividete il senso generale, date la vostra adesione compilando la scheda.

Un intervento di Fulvio Esposito, Rettore dell'Università di Camerino, sul decreto dei PRIN 2007

Caro Patrizio,


Mi permetto di elencarti alcuni dei punti ‘spariti’ o modificati in senso retrogrado, rispetto alla bozza-Modica.

1) Il Comitato guida era di cinque membri. Si è passati a 9, numero pericolosamente più vicino al ‘magico’ 14 (quello delle ‘aree CUN’).
2) E’ stata tolta la possibilità di essere partecipanti a pieno titolo ai progetti di ricerca ad assegnisti, dottorandi, ricercatori in formazione, etc. Ci si è ancora una volta ristretti ai professori e ricercatori di ruolo; un vero ‘schiaffo’ ai tanti giovani non strutturati che avevano salutato con soddisfazione il testo precedente ed una palese violazione della Raccomandazione della Commissione Europea sulla ‘Carta Europea dei Ricercatori’, sottoscritta dal sistema italiano dell’Università e della Ricerca.
3) Era stato introdotto il riferimento dei progetti ai temi di ricerca utilizzato dall’European Research Council, si torna invece alle classiche 14 macroaree disciplinari, abbandonando così un importante aggancio europeo di serietà e internazionalizzazione.
4) Si è tornati ai modelli A (nazionali) e B (locali) della domanda di finanziamento, accantonando così una procedura che semplificava la presentazione dei progetti, senza artificiosi accumuli di moduli con infinite ripetizioni che nessun referee è in grado di leggere davvero.
5) I coordinatori dovevano accludere un loro breve curriculum scientifico e un elenco delle loro pubblicazioni: questo fondamentale elemento valutativo è stato soppresso.
6) Non era prevista alcuna riserva di finanziamento (a parte quella per i giovani) indipendente dalla qualità della ricerca, ed invece si è ritornati alla vecchia regola del minimo del 3% riservato a ciascuna area, indipendentemente dalla qualità dei progetti.
7) Si era introdotta una sigla di ciascun progetto per meglio rintracciare le pubblicazioni collegate al progetto; è stato tolto questo adempimento.
8) Pur mantenendo il principio del referee indipendente ed anonimo, si è re-introdotto un giudizio collegiale.
9) Si è posto un limite massimo di 5 unità operative ad ogni progetto, reintroducendo regole burocratico-aritmetiche che erano state finalmente accantonate.
10) Si è vietato di partecipare a più di un progetto (vedi precedente).
11) Non si sono (invece) poste le basi per raccogliere i dati allo scopo di verificare l’incompatibilità, per ragioni di tempo massimo impegnato, della partecipazione a troppi progetti nell’ambito del FIRST.
12) Si è soppressa la possibilità di esporre i costi (in quota) del personale partecipante al progetto nella linea del modello europeo del full cost.
13) Non sono indicate esplicitamente le tipologie di voci di costo di ogni progetto e, di conseguenza, le regole per una gestione flessibile dei costi che avrebbero facilitato il compito dei coordinatori, senza aggravarli di regole amministrative spesso incompatibili con l’attività di ricerca.
14) Si è tornati ad una quota di finanziamento del 70%, rispetto al 75% che era stato previsto.
15) A fronte di una disponibilità per il finanziamento dei progetti di soli 74 milioni di Euro, si è deciso di retribuire i referees con 250 Euro per ogni rapporto di valutazione.
16) Era prevista una verifica ex post dei fondi propri davvero disponibili, con esclusione immediata di chi non li avesse; si è tornati invece alle verifiche ex ante con inutili e burocratiche dichiarazioni cartacee di rettori e presidenti.

Qualcuno proverà a dirci che le modifiche sono state fatte a seguito dei rilievi della Corte dei Conti. Non è vero: nessuno dei punti che ti ho elencato era stato eccepito nel merito dalla magistratura contabile! Ti sottolineo, con amarezza infinita, che, per quanto riguarda il rispetto nei confronti di quei giovani non strutturati, dei quali ogni giorno cantiamo le lodi definendoli patrimonio irrinunciabile delle nostre sedi di formazione e di ricerca, questo testo è un marcato passo indietro rispetto all’ultimo PRIN del Ministero Moratti. Non aggiungo altro.

Si potrà ancora cercare di rimediare almeno ai guasti più grossi? Non so. Intanto, ti invio un caro saluto,

Fulvio

venerdì 21 settembre 2007

Premesse e promesse: perplessità sui fondi destinati al reclutamento straordinario dei ricercatori.

Da parte di Marco Franceschin, Dipartimento di Chimica della Sapienza.


Cari tutti, come personale precario della Sapienza siamo molto preoccupati e un po’ perplessi nel leggere dall’estratto dell’ultimo CdA:

- Concorsi ricercatori universitari. Il Rettore ha informato che il decreto legge n. 147 del 7 settembre 2007 ha stabilito, al fine di garantire una più ampia assunzione di ricercatori nelle università e negli enti di ricerca, di non applicare per l'anno 2007 le disposizioni della legge 296/06 concernenti il reclutamento straordinario dei ricercatori universitari e di destinare in altro modo le risorse non utilizzate per detto anno.

Il decreto citato doveva servire infatti, almeno nelle intenzioni del Ministero, a determinare lo “sblocco” dei fondi destinati al piano straordinario di assunzione di ricercatori, in attesa della riforma, per poter su quei fondi bandire concorsi da ricercatore secondo le “vecchie” cioè attuali regole.

Il testo recita così:

Al fine di garantire una più ampia assunzione di ricercatori nelle università e negli enti di
ricerca, le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 648 e 651, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296, non si applicano per l'anno 2007 con riferimento alle assunzioni ivi previste e le
risorse di cui ai commi 650 e 652 della medesima legge n. 296 del 2006, non utilizzate per
detto anno sono, rispettivamente, destinate per euro 20 milioni ad incremento
dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per il finanziamento ordinario delle università
di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a) della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e per euro
7,5 milioni ad incremento dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 43, della
legge 28 dicembre 1995, n. 549, come determinate dalla tabella C della citata legge n. 296
del 2006. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri
decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Quindi, nonostante le premesse contenute sia nel decreto che in questo breve stralcio (“al fine di garantire una più ampia assunzione di ricercatori nelle università e negli enti di ricerca”) sembrerebbe che di fatto i fondi non più vincolati al piano straordinario di assunzioni (che non è partito) vadano a finire nel FFO, quindi praticamente nel calderone dove finisce un po’ di tutto: dagli aumenti di stipendio automatici per professori e personale amministrativo alle iniziative di orientamento (e dell’estate romana).

Ne consegue un grave danno per noi precari e una forte contraddittorietà tra premesse (e promesse) e risultati. Certo, nulla impedirebbe al nostro Ateneo di vincolare con chiarezza quei fondi aggiuntivi all’assunzione di nuovi ricercatori, ma sembra che le intenzioni siano di andare in tutt’altra direzione.

giovedì 20 settembre 2007

Il telegramma dei ricercatori a Mussi & co.

Ricevo da Guido Favia, e inserisco volentieri nel blog, il testo di un telegramma inviato ieri a Mussi & co. da vari ricercatori dell'Università di Camerino.

Destinatari:

Ministro dell’Università e della Ricerca, On. Fabio Mussi,
Sottosegretario alla Ricerca, On. Luciano Modica,
Presidente della CRUI, Prof. Guido Trombetti,
Commissario Europeo per la Ricerca, Dr. Janez Potocnik,
Ministro dell’Economia e delle Finanze, On. Tommaso Padoa Schioppa

Testo:

L’assemblea dei ricercatori di ruolo e non di ruolo dell’Università di Camerino, riunitasi in data odierna, esprime profonda delusione per il bando PRIN 2007, molto lontano dalle aspettative dei ricercatori stessi. In particolare, rispetto alle bozze circolate sino a qualche giorno fa, è stata tolta la possibilità ai ricercatori non di ruolo di partecipare a pieno titolo ai progetti di ricerca e di esserne coordinatori, in palese violazione della Raccomandazione della Commissione Europea inerente la Carta Europea dei Ricercatori, sottoscritta con atto formale dal sistema italiano dell’università e della ricerca. L’assemblea pertanto richiede un’immediata modifica che ripristini i diritti dei ricercatori non di ruolo, affinché la valutazione dei progetti sia basata esclusivamente sulla qualità degli stessi e non sulla qualifica professionale dei proponenti.

F.to: Assemblea dei Ricercatori dell’Univ. di Camerino

Il testo del decreto PRIN 2007 è sul sito del Ministero

Sul sito del Ministero troverete il decreto sul PRIN 2007. Il testo è stato aggirnato rispetto a quello diffuso ieri: miracoli dell'improvvisazione ministeriale! E' stato eliminato a sorpresa il numero minimo dei 3 ricercatori e si torna all'antico, meglio così. Adesso un'unità locale può comprendere diverse figure: tecnici, dottorandi, borsisti, assegnisti, ricercatori, professori ecc. ecc. I ricercatori degli enti possono partecipare, ma dal testo non si capisce se sono previste anche unità locali miste (enti + università). Ogni progetto può essere composto al massimo da 5 unità locali. Se ho capito bene, il responsabile dell'unità locale e del gruppo nazionale deve comunque essere un ricercatore o un professore universitario.

I soldi disponibili per ora sono 74 milioni di euro, ma sembra che il budget sarà incrementato. C'è da fidarsi?

mercoledì 19 settembre 2007

Si rivede il PRIN 2007!!!

Cari Colleghi,

Udite, udite, udite! Il nuovo (definitivo...) bando PRIN 2007 sta circolando e sarà in Gazzetta nei prossimi giorni. La notizia è attendibile perchè il bando è stato inviato dal Presidente della CRUI, Guido Trombetti, a tutti i Rettori. Io l'ho ricevuto oggi da dei colleghi di Viterbo e Palermo. Purtroppo, da noi alla Sapienza, il Rettore Guarini si guarda bene dal far girare le informazioni utili.

A parte questo, la notizia non ufficiale, ma più preoccupante, è che il budget disponibile per ora sarebbe di soli 74 milioni di euro, anche meno dello scorso anno!!!!!!! Se questo si confermasse, università ed enti competeranno per rosicchiare un misero osso! Si tratta di un pessimo contentino.

martedì 18 settembre 2007

Che fine ha fatto l'ANVUR?

Si è parlato molto dell'Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione dell'Università e della Ricerca) che sarebbe dovuta nascere dalle ceneri del CIVR e del CNVSU. L'Anvur avrebbe dovuto valutare con serietà l'attività di ricercatori e professori e innescare un meccanismo virtuoso per premiare le università che assumono i più bravi, ovvero "Chi sbaglia, paga", aveva detto Mussi. Ottima idea, sulla carta.
Ora ci chiediamo in quale oscuro ed umido meandro del Ministero della Ricerca e dell'Università si sia andata a nascondersi l'Anvur. Si sa solo che il decreto per la sua istituzione è stato bloccato dal Consiglio di Stato. Che ci sia un virus sconosciuto che infetta e rallenta tutte le azioni del Ministero?


Pubblico un articolo di Vittorio Sgaramella sull'Anvur, uscito vari mesi fa su Repubblica.


In Italia da sempre urge la necessità di riformare università e ricerca: oggetto specifico di un dibattito ormai antico è un nuovo ente, l’Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca (ANVUR).
La necessità aguzza l’ingegno, ripeteva mia madre. Aguzziamolo e capiamo meglio che cosa vogliamo e come. Dalle discussioni in atto e dai documenti che girano emergono richieste diverse: così in un “Appello per il rinnovamento dell’Università” alcuni colleghi sanciscono che “non ci può essere autonomia senza risorse, né risorse senza responsabilità, né responsabilità senza valutazione”. Ben detto: auspico solo che l’autonomia sia vista come un mezzo, non come il fine di un impegno teso a migliorare la vita; e che a una corretta valutazione segua una puntuale attuazione. Altri chiedono al Ministro interventi contro un “sistema che permette di addomesticare le valutazioni”. Dio sa, e così anche il Ministro, che è purtroppo vero. Una commissione dell’Accademia dei Lincei invoca “criteri che non siano mai punitivi, ma solo premiali nei confronti delle università meritevoli”. Buonismo?
Siamo in tanti a aspettare un migliore sistema di valutazione nei confronti non solo dell’università, ma della docenza in generale. Questo perché, mentre la tradizionale universitas studiorum (dopo la Chiesa, l’istituzione più longeva della nostra civiltà) sta faticosamente cercando di rinnovarsi, come efficaci centri di formazione superiore si stanno affermando i grandi istituti di ricerca, specie nelle scienze. Tra i migliori la Rockefeller University di New York: il suo motto è “Pro Bono Humani Generis” e nel ’44 O. Avery vi scoprì il DNA. Ora ospita felicemente poche centinaia di studenti e altrettanti professori, tra cui molti Nobel. Non da meno sono gli Istituti Max Planck in Germania. Nelle bioscienze emergono il Cold Spring Harbor Laboratory di New York, l’European Molecular Biology Laboratory di Heidelberg, il Molecular Pathology Institute di Vienna. Molti sorgono nei paesi orientali. E noi? In questo senso facciamo poco, meno di quel che dobbiamo e possiamo. Il discusso IIT di Genova è un progetto calato dall’alto e va seguito con attenzione. Certo un sistema di valutazione non autoreferenziale potrebbe darci una mano a individuare e sostenere i nostri pochi settori di reale eccellenza.
Ciò sarebbe possibile in quanto la valutazione preliminare (ex-ante) di chi si candida a insegnare e ricercare nelle scienze è più semplice che in altre discipline: i titoli da contare e pesare sono le pubblicazioni in inglese, lingua franca della scienza, apparse su riviste internazionali. Della più impegnativa valutazione consuntiva (ex-post) non tratteremo qui, se non per dire che se l’ex-ante è stato buono, l’ex-post sarà agevolato: ma è fondamentale che operi dal basso e dalla periferia.
Su questi problemi si sono già cimentati in tanti (CNVSU, CIVR…): ora spunta l’ANVUR. Circolano linee-guida per il suo regolamento che prevede un apparato di tutto rispetto: un organico stabile con direttore e consiglio direttivo di sette membri a tempo pieno, un presidente, consulenti ecc. E almeno cinque anni di durata e cinque milioni di € l’anno di spesa. Un impegno, anche di competenze scientifiche, che rischia di aggravare un sistema già debole. Se l’obiettivo è trovare valutatori esperti, indipendenti e efficaci, la missione è (quasi) impossibile. Troppo pochi soldi? No, troppo pochi gli esperti realmente tali! Il loro numero in Italia è così ridotto che quelli presenti in un dato settore non possono esser indipendenti: con i candidati da valutare, o collaborano, o competono. Un’indipendenza opaca svaluta la più lucida esperienza.
È un fatto che da noi, più che altrove, docenza superiore e ricerca avanzata sono in crisi: ne segue che i maggiori responsabili sono coloro che le hanno valutate. Quindi, se vogliamo cambiare musica, cambiamo suonatori. Quale altra soluzione se non rivolgersi oltre confine? Guardiamo alle esperienze degli altri, ma anche alle nostre realizzazioni. Tra le prime ricordiamo i risultati di paesi a noi vicini per dimensioni, storia, geografia. L’impiego di esperti stranieri è diffuso in Spagna, Irlanda, nei paesi baltici e altrove. Da noi potrebbe anche essere un elemento di rottura, indispensabile per superare il nostro classico gattopardismo che ci fa cambiare solo per restare come eravamo. Ma evitiamo stucchevoli autocommiserazioni e riconosciamo a esempio le buone prestazioni dei nostri fisici, entro e fuori i confini nazionali. Evitiamo anche di risuscitare sistemi imbolsiti e pensiamo al nuovo. Si consideri una mini-ANVUR, che aiuti gli enti erogatori di cattedre e fondi pubblici a istruire le valutazioni ex-ante e i fruitori a stilare i consuntivi, entrambi a perfezionare le valutazioni ex-post. E se ne contempli anche l’abrogazione dopo cinque anni, a meno di seri motivi. Se in quel periodo la mini-ANVUR avrà elaborato regole generali e reso gli enti erogatori in grado di funzionare normalmente, sarà la benemerita.
Il nostro sistema docenza/ricerca di fatto s’è sinora sottratto a una seria valutazione grazie a un’abusata “libertà accademica”. L’invocata “cultura della valutazione” si coniughi con una “cultura della responsabilità” e entrambe si traducano in una prassi efficiente e duratura.

Vittorio Sgaramella

Università e Ricerca: il nuovo Rinascimento (dicembre 2006)

Da un intervento di Luciano Modica

La ricerca libera, sia presso le università sia presso gli enti pubblici di ricerca, deve quindi essere sostenuta, aumentandone decisamente i finanziamenti e caratterizzandone meglio regole e competitività senza mortificare o asfissiare finanziariamente alcun settore della conoscenza. Nella proposta di legge finanziaria per il 2007 vi è un intervento in questa direzione. Viene infatti istituito un Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), che unifica vari capitoli esistenti di finanziamento ministeriale per la ricerca ma soprattutto ne incrementa notevolmente la dotazione, che passa dai circa 200 milioni di euro del 2006 ai 500 del 2007, confermati per il 2008 e ancora aumentati a 560 nel 2009. In una finanziaria così difficile, un simile aumento annuo (+150%) è da considerarsi davvero significativo ed evidenzia la priorità che il governo assegna al tema della ricerca.
Tra i fondi ricompresi nel FIRST vi sono quelli relativi ai progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN), che sono il tipico luogo del finanziamento della ricerca libera universitaria, e quelli relativi alla ricerca di base (FIRB). L’aumento del FIRST reca dunque maggiori risorse anche ai PRIN e al FIRB. Anzi l’impegno del Ministero è quello che il FIRST sia prevalentemente destinato al sostegno dei progetti di ricerca presentati autonomamente (il cosiddetto bottom up) da gruppi di ricerca presso le università e gli enti pubblici di ricerca, ridando fiato ad un settore abbastanza penalizzato, come dicono anche Levi Montalcini e Calissano, negli anni scorsi. Peraltro al FIRST afferiranno anche altre forme di finanziamento del Ministero, tra cui quelle per le imprese che propongono ricerche in collaborazione con università ed enti pubblici di ricerca (Fondo agevolazioni per la ricerca o FAR), che costituiscono l’altro aspetto della ricerca orientata o finalizzata, nonché quelle per le ricerche orientate dallo Stato (top down) sui grandi temi strategici per l’Italia o sulle piattaforme tecnologiche, secondo quanto contenuto nel Piano nazionale per la ricerca.

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Che dire, cari amici? In questo scritto si favoleggia di 500 milioni di euro! Ma chi li ha visti mai! Purtroppo, a giudicare da quello che è successo ( o meglio, che non è successo) durante questo anno drammatico per l'università e la ricerca in italia, a Luciano Modica e Fabio Mussi deve essere sfuggito qualcosa. Altro che Rinascimento, qui si tratta del più cupo Medioevo.
Se volete saperne di più, cliccate sul titolo del post.
PD

Interrogazione parlamentare ai Ministri dell'università e della ricerca, dell'economia e delle finanze.

E' tuttora ignoto il destino di una parte dei fondi assegnati agli enti pubblici, accantonati dalla finanziaria nel 2007 e mai restituiti. Non se ne ha notizia, malgrado una petizione organizzata dal Manifesto dei Ricercatori (sottoscritta da oltre 1000 firme) ed un’interrogazione parlamentare del gruppo PCdI-Verdi al Senato, che non ha avuto risposta.

Per consultare l'interrogazione, cliccate sul titolo.

CNR A SECCO, LA RICERCA E' PERDUTA. Di Marco Sodano e Raphael Zanotti, pubblicato su "La Stampa"

Ricevo da Patrizia Lavia un articolo sul CNR, pubblicato da " La Stampa".

Poeti, santi e navigatori. Di scienziati, invece, sempre meno. Non si può piangere sulla ricerca perduta e allo stesso tempo assetarla: il denaro disponibile è sempre meno, i criteri per spenderlo più misteriosi e intanto gli istituti più prestigiosi faticano a pagare il riscaldamento e la bolletta della luce. Al Consiglio nazionale delle ricerche, forse il nome che ha dato più lustro alla ricerca italiana, tira aria di sbaraccamento dal 2002. Prima la riforma di Letizia Moratti e l’introduzione del criterio «manageriale» nella gestione, poi le leggi Finanziarie lo stanno disgregando. E così la ricerca è sempre più legata ai privati che, in cambio di qualche soldo, ottengono di poter indirizzare la ricerca, usano le strutture del Cnr, la conoscenza dei ricercatori e alla fine si prendono il brevetto.

I manager al potere
L’effetto della riforma Moratti, diligentemente applicata dal discusso presidente del Cnr Fabio Pistella, è stato quello di gonfiare la burocrazia a dismisura. Se prima gli istituti si cercavano i fondi privati da soli e in autonomia, oggi fanno lo stesso ma devono rispondere a una catena gerarchica spaventosa: il Cda del Cnr delibera le linee guida, i singoli direttori di dipartimento (ne sono nati 12) «formulano le linee programmatiche». Gli istituti passano al dipartimento le proposte di attività di ricerca. Queste vengono confrontate fra ciascun dipartimento e fra gli istituti. Si concordano le commesse, quindi il consiglio dei direttori di dipartimento verifica la congruenza delle proposte e predispone una proposta coordinata. Poi la trasmette al direttore generale. A quel punto una persona normale si sarebbe arresa. Al Cnr invece vanno avanti: il direttore generale integra la proposta coordinata con le esigenze gestionali e predispone un piano preliminare poi inviato al Presidente. Quest’ultimo, acquisito il parere del Consiglio scientifico generale, mette giù il piano definito, che viene infine sottoposto al vaglio del Cda e inviato al ministro. Isaac Newton, con un sistema del genere, poteva soffocare sepolto dalle mele prima di poter proferire anche solo una parola sulla Legge di Gravità.
Rivoluzione copernicana
Grazie a questo sistema, tutto ruota intorno alla presidenza. Con effetti davvero curiosi. Se la Finanziaria 2007 ha imposto un taglio dei fondi del 5%, la presidenza Pistella ha interpretato la sforbiciata con criteri quanto meno originali. Mentre alcuni istituti si son visti ridurre il finanziamento ordinario di oltre l’80% - quelli dove ci si chiede come pagare il telefono - e chi ha avuto 340mila euro nel 2006 «necessari giusto per sopravvivere» quest’anno deve contentarsi di 70mila, le cifre stanziate per consorzi, convenzioni e relazioni esterne sono cresciute del 60%.

I laboratori a stecchetto
Il sistema delle scatole cinesi costa, in termini di stipendi al personale, moltissimo. E i costi per il personale sono proprio quelli di cui il Cnr sembra aver meno bisogno. L’ultima relazione della Corte dei conti spiega che nel 2005 il 94,9% del fondo del ministero se n’è andato da solo per pagare gli stipendi. E la cifra è in aumento. Tra il 2003 e il 2005 il personale è diminuito del 10% (-753 unità), eppure i costi sono cresciuti del 5% (+22 milioni di euro). Colpa delle buonuscite e degli scatti automatici. La politica di spingere verso il pensionamento non paga: ogni persona che si ritira costa quell’anno all’ente come tre persone del suo stesso livello. E gli scatti economici, tra il 2002 e il 2005, hanno incrementato di un quarto i costi per il personale. Ovvio poi che, di fronte al taglio della finanziaria, il presidente Pistella faccia compilare un’elegante circolare in cui spiega: «Tutte le spese sono incomprimibili, tranne il fondo di dotazione degli istituti». Gli stipendi non si possono ridurre. Ma questo vuol dire: se si taglia, si taglia in laboratorio. E dire che già nel 2005 il valore di macchine e strumenti scientifici erano in netto calo: -35,48%. Importa poco che il numero di pubblicazioni scientifiche firmate dal Cnr sia in calo. Il contributo dell’ente alla ricerca propositiva - dice sempre la Corte dei Conti - è diminuito del 25%.

Il terzo riordino
A queste condizioni, mentre l’atmosfera si fa sempre più pesante e l’attività di ricerca sempre più rada, ai più è chiaro che il promesso (dal ministro della Ricerca scientifica Fabio Mussi) «riordino degli enti di ricerca» si farà solo a condizione di trovare una cura da cavallo. Il fatto che il Cnr proceda dritto per la sua strada non tragga in inganno: il declino è ben presente agli occhi di tutti, di chi protesta e di chi tace. E nel frattempo s’è apparecchiata l’ultima tavola buona prima della revisione governativa: un bel concorsone.

Scienziati in 10 secondi
In Italia funziona così: per anni c’è il blocco delle assunzioni. Poi ci si accorge che l’età media avanza (49 anni) e allora si appronta una sanatoria. L’ultima, al Cnr, è partita il 9 giugno 2004 per 475 posti. Doveva servire per far progredire i cosiddetti «anomali permanenti», ricercatori che per più di 12 anni erano rimasti al palo. Alla fine, come spesso succede, è stato aperto a tutti. Il 53,7% della comunità scientifica del Cnr ha subito una sonora bocciatura (tra cui anche l’intero gruppo di ricerca del Nobel Rita Levi Montalcini). Vuol dire che fino a ora gli scienziati che lavoravano ci hanno preso in giro?

Nient’affatto. «Colpa dei criteri - spiega l’Usi-Rdb Ricerca - sindacato che ha raccolto centinaia di ricorsi e che ha pubblicato un libro bianco sugli orrori del concorsone di cui si sta interessando anche la magistratura -. Per ottenere i punteggi di anzianità era necessario superare quello per titoli, ma calcolando il tempo dedicato alle commissioni alla verifica di pubblicazioni scientifiche, brevetti, rapporti tecnici e incarichi, si scopre che ogni commissione ha dedicato a ciascuno una decina di secondi. E dire che si tratta di studi spesso innovativi in campo internazionale, mica dei test per la patente». La domanda dunque è: quali criteri sono stati utilizzati? La disamina concede scorci spassosissimi: c’è la commissione che, per par condicio, assegna a ogni lavoro lo stesso punteggio; c’è il candidato che si vede valutata persino la dicitura «elenco pubblicazioni»; c’è quello che salta due livelli perché risulta vincitore ed è appena entrato di ruolo in quello inferiore; c’è la prima autrice di una ricerca che ottiene 2 punti per il suo lavoro e la coautrice che, per la stessa ricerca, ne ottiene 3,8; e c’è il candidato che «si giudica da sé». Vive in simbiosi con uno dei commissari: insieme hanno collaborato a 41 pubblicazioni su 43 esibite, 17 congressi internazionali su 19 e 48 congressi nazionali su 64. La commissione, alla fine, scriverà che è stato valutato l’apporto del candidato «tenendo conto della continuità della produzione scientifica e della notorietà del candidato nel settore di appartenenza». Di sicuro era noto al commissario.

25 marzo 2007: Forum con Mussi organizzato da Repubblica TV

Cliccate sul titolo e godetevi l'intervista!

Lo ha detto Mussi-3

Il 6/6 /2007 da riunione del CUN: Mussi ha assicurato che il bando PRIN 2007 e' pronto e la sua emanazione attende solo lo sblocco da parte del ministro Padoa Schioppa dei fondi da dedicarvi. Secondo Mussi, il finanziamento per il PRIN 2007 sara' di 160 MILIONI DI EURO con SIGNIFICATIVO AUMENTO rispetto l'anno scorso.

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Spero di sbagliarmi, ma secondo le ultime voci che circolano sul finanziamento dei PRIN 2007, se mai il bando uscirà, il budget sarà di 90 MILIONI DI EURO, solo 10 milioni in più rispetto all'anno scorso.
PD

NO PRIN, NO PARTY, ovvero: Che fine hanno fatto i Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale?

I progetti ministeriali PRIN (Progetti di Ricerca d’Interesse Nazionale) sono stati istituiti dal primo governo Prodi nel 1996, Essi sono una delle poche fonti di finanziamento per la ricerca pubblica in Italia. Che dire della mancata uscita del bando annuale, malgrado i reiterati annunci del Ministro Mussi e del Sottosegretario Modica? Si è saputo che il decreto è stato rispedito al mittente dalla Corte dei Conti, con la richiesta di correzioni necessarie a renderlo compatibile con le normative vigenti. In particolare, i finanziamenti del PRIN non possono essere destinati agli Enti pubblici di ricerca, i cui ricercatori da quest’anno avrebbero potuto partecipare. Prima si cerca di dare un contentino agli Enti e li si butta nella mischia a contendersi con gli universitari un “misero osso già rosicchiato” e poi si dice, hops, scusate ci siamo sbagliati. Tutto ciò è veramente grottesco. Dove sono i tecnici che avrebbero dovuto valutare in anticipo le incompatibilità?
Dopo un “balletto” di circa sei mesi, fatto di annunci e smentite, di scadenze non rispettate, in cui abbiamo perso tempo a leggere le varie bozze di un bando in continuo divenire, ora c’è il serio rischio che, per la prima volta dall’istituzione del programma, il PRIN non venga bandito. Si verificherebbe, così, l’assurda circostanza che i fondi della ricerca fondamentale, già fortemente decurtati dai governi di centrodestra, non vengano affatto erogati per questo anno dal governo di centrosinistra. Niente male per chi aveva messo la ricerca al secondo punto del programma di governo!

Lo ha detto Mussi-2

Dopo i tagli alle spese intermedie di università ed enti pubblici di ricerca introdotti dalla finanziaria 2006, Mussi aveva detto a repubblica.it: "Questo punto rischia di creare problemi drammatici negli atenei con effetti politici pesantissimi". Minaccia di dimettersi, ministro? "La parola 'minaccia' non mi piace, dico solo che in questo modo non può funzionare. Io, su questo aspetto, non sono disposto a cedere di una virgola.

lunedì 17 settembre 2007

Il Patto di Mussi e Padoa-Schioppa

Lo scorso 12 settembre 2007, i Ministri Mussi e Padoa-Schioppa hanno presentato alla Conferenza dei Rettori, il loro "Patto per l'Università e la Ricerca" firmato il 2 agosto scorso. Sembra che l'obiettivo sia quello di sostenere e rilanciare il sistema dell'Università e della Ricerca italiano. Il 5% dei fondi andranno alle università in cambio di uno stop agli sprechi e di una migliore qualità di didattica e ricerca. Commentano i Ministri: " è giunto il momento di proporre un Patto per l'Università che consenta una programmazione di medio periodo delle dotazioni finanziarie in un quadro in cui siano chiari gli obiettivi da perseguire e gli incentivi per elevare la qualità della didattica e l'efficacia della ricerca". Belle parole, condivisibili, ma occorrerà verificare nella pratica quali saranno le modalita per attuarlo e quali saranno i risultati. Speriamo che non si tratti dell'ennesimo proclama che viene poi disatteso. Purtroppo, leggendo i documenti disponibili, colpisce che nel patto non siano contemplati interventi concreti di finanziamento a favore della ricerca pubblica. Un tragico lapsus?
Non è la prima volta che Mussi utilizza la parola "patto". Il 20 settembre 2006, a Trieste aveva lanciato il un "patto di solidarietà" che si proponeva di finanziare l'assunzione di giovani ricercatori con il congelamento per tre anni degli scatti stipendiali dei professori!
Un'ultima considerazione. Patto significa:accordo, convenzione, trattato, trattativa, intesa, alleanza, contratto, concordato, negoziato. Un patto per essere tale deve essere stipulato in pieno accordo tra le parti. Non mi sembra che la controparte più importante, ovvero docenti e ricercatori, sia stata consultata. Se Mussi vuole attuare provvedimenti veramente risolutivi a favore della ricerca scientifica, deve instaurare un dialogo produttivo con la "base", ovvero con chi fa didattica e ricerca nelle Università e negli Enti pubblici.

Lo ha scritto il sottosegretario Luciano Modica

Cliccate sul titolo e leggete "La sfida della serietà" di Luciano Modica. Belle parole, intenti condivisibili, purtroppo smentiti dalla realtà dei fatti!

domenica 16 settembre 2007

Il sito ProGen

Sul sito ProGen, troverete altre iniziative e documenti a favore della ricerca scientifica. Visitate il forum, potrete leggere interessanti interventi di molti colleghi e, volendo, lasciare anche un vostro contributo.

Uscimmo ad Oriente e ci ritrovammo ad Occidente: I risultati di un anno di governo per la ricerca e l’università. Riflessioni di Walter Tocci.

Da più di un anno, la voce dell'Onorevole Walter Tocci è forse la sola che si è levata con forza, all'interno del Governo, per cercare di difendere la ricerca scientifica nel nostro paese. Tocci ha i piedi per terra ed è uno dei pochi che parla con cognizione di causa, non è roba da poco. La sua è un'analisi lucida e puntuale su tutto quello che il Governo e il Ministro Mussi non sono riusciti a realizzare finora.
Potrei definire Walter Tocci, la "Cassandra" della maggioranza e sinceramente gli auguro miglior fortuna! Se Mussi & co. avessero ascoltato più attentamente le sue parole, forse oggi non saremmo ridotti così male.

Lo ha detto Mussi.....

Il 27 luglio 2006, il Ministro dell'Università e della Ricerca, Fabio Mussi, all'indomani del decreto Bersani che introduceva forti tagli alla spesa per università e ricerca, faceva la seguente dichiarazione sul Manifesto: "Nessuno si aspetta miracoli e abbondanza, ma se l'Italia, di fronte all'esplosione globale della spesa in ricerca e formazione superiore, annuncia provvedimenti di definanziamento della ricerca, si tratterebbe di un'altra politica rispetto a quella con cui il centrosinistra si è presentato agli elettori. La si potrebbe fare, ma in quel caso ci vorrebbe UN ALTRO MINISTRO.”

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Purtroppo, come tutti sanno, dopo quasi un anno e mezzo di legislatura nessuno dei buoni propositi a favore di Università e Ricerca è stato realizzato. I fondi per la ricerca pubblica, gia pesantemente tagliati dai governi di centro-destra, sono stati ulteriormente decurtati da una finanziaria penalizzante e al momento risultano azzerati. Infatti, i tanto attesi bandi per i Progetti di Ricerca di Interesse nazionale, fonte principale di finanziamento per la ricerca di base universitaria, non sono ancora usciti e c'è il rischio che per l'anno in corso non usciranno affatto. Come se non bastasse, i concorsi di professore sono bloccati, quelli di ricercatore sono in attesa che venga approvata la nuova normativa; il rientro dei "cervelli" è anch'esso fermo; la riforma della docenza è ancora in
mente dei; il CNR è allo sbando.

Caro Mussi, il definanziamento della ricerca è ormai una realtà, ma lei è ancora al suo posto. Qualcosa non torna!
PD

Appello inviato al Presidente Napolitano il 19 giugno 2007

Due mesi fa abbiamo inviato un appello al Presidente Napolitano che più volte ha dimostrato grande sensibilità, sottolineando come "la ricerca scientifica sia elemento prioritario per la crescita del paese, anche in situazione di scarsità di risorse".
L'appello, firmato da più di 200 docenti e ricercatori di vari atenei ed enti pubblici di ricerca, è apparso sulla prima pagina de L'Unità", il 26 giugno scorso, ma il Presidente non ci ha ancora risposto. Attendiamo fiduciosi.

Eccovi il testo:


APPELLO PER L’UNIVERSITA' E LA RICERCA

Al Presidente della Repubblica, On. Giorgio Napolitano
p. c. al Presidente del Consiglio, On. Romano Prodi
al Ministro dell’Università e della Ricerca, On. Fabio Mussi


Roma, 19 giugno 2007

Signor Presidente della Repubblica,

Ricerca e istruzione rappresentano il primo punto nella cosiddetta “Agenda per la crescita” adottata dal Governo, ma notiamo, con grande amarezza, che nessuno dei buoni propositi annunciati a favore di Università e Ricerca è stato realizzato dopo un anno di legislatura. Al contrario, i fondi, che erano già scarsi, sono diventati drammaticamente insufficienti e le riforme promesse sono tuttora “imbalsamate” da nuove normative, la cui discussione sta creando una fase di stallo apparentemente senza fine.
In primo luogo, la finanziaria ha destinato solo 300 milioni di euro alla ricerca pubblica, contro ben 700 milioni assegnati a quella delle imprese: si perpetua così la cronica miopia di molti governi di questo Paese, che da sempre trascurano la ricerca pubblica ed in particolare quella di base, che è il vero motore del progresso scientifico e tecnologico. Al contrario, Paesi il cui mercato imprenditoriale è anche più avanzato che in Italia investono nella ricerca pubblica ingenti risorse e significative porzioni del PIL.
Inoltre, è tuttora ignoto il destino di una parte dei fondi assegnati al CNR, accantonati dalla finanziaria nel 2007 e mai restituiti: non se ne ha notizia, malgrado una petizione organizzata dal Manifesto dei Ricercatori (sottoscritta da oltre 1000 firme) ed un’interrogazione parlamentare del gruppo PCdI-Verdi al Senato.
Come se non bastasse, il bando per i progetti ministeriali PRIN (Progetti di Ricerca d’Interesse Nazionale), una delle poche fonti di finanziamento per la ricerca pubblica, è al momento bloccato e già in gravissimo ritardo sulla tempistica prevista. Le cause del blocco sembrano essere almeno due: il ritardo nella definitiva approvazione del budget, a nostro parere comunque insufficiente, da parte del Ministro Padoa Schioppa e la presenza di un cavillo burocratico sfuggito ai tecnici del Ministero, che bloccherebbe il decreto alla Corte dei Conti.
Dulcis in fundo, i concorsi per i “famosi” 2000 nuovi posti di ricercatore universitario, dichiarati imminenti in molteplici occasioni, non sono in realtà mai stati banditi, perchè ancora si discute sul nuovo regolamento di reclutamento, che appare alquanto farraginoso nelle bozze che ci sono pervenute. Inoltre, la promessa istituzione della terza fascia della docenza langue ed i concorsi per professore associato ed ordinario sono bloccati per effetto della legge Moratti, che è ancora in vigore, malgrado il Governo abbia dichiarato di volerla modificare.
Nelle università e negli enti di ricerca siamo costretti da anni a sforzi enormi per lavorare in cronica carenza di fondi; nonostante ciò, fino ad oggi abbiamo portato avanti il nostro lavoro con serietà ed entusiasmo. Ora si è superato il limite e siamo ormai al punto in cui passione e dedizione non bastano più. Se le cose non miglioreranno in tempi brevi, non ci resterà che chiudere i laboratori, con gravi conseguenze anche sulla didattica universitaria. E’ probabilmente superfluo sottolineare che la ricerca è un'attività soggetta a forte competizione internazionale e la sua interruzione, anche per un solo anno, può comportare ritardi e danni irreversibili. Si corre il serio rischio di strangolare le ricerche di migliaia di gruppi e di compromettere il futuro di decine di migliaia di giovani.
Caro Presidente, Lei ha dimostrato grande sensibilità a questi temi, sottolineando più volte come la ricerca scientifica sia elemento prioritario per la crescita del paese, anche in situazione di scarsità di risorse. Per questo motivo, Le rivolgiamo il nostro appello, pregandola di intervenire personalmente presso il Ministro Mussi ed il Governo, affinché s’instauri un dialogo produttivo con chi fa didattica e ricerca nelle Università e negli Enti, per superare questa fase di stallo ed attuare in tempi brevi dei provvedimenti condivisi e veramente risolutivi a favore della ricerca scientifica.

Certi di un suo interessamento, Le inviamo i nostri più cordiali saluti.





1 Patrizio Dimitri, PA, Università La Sapienza , Roma
2 Gianni Dehò, PO, Università di Milano
3 Margherita Hack, già PO, Università di Trieste
4 Angelo Peccerillo, PO, Università di Perugia
5 Giovanna Riccardi, PO, Università di Pavia
6 Francesca Matteucci, PO, Università di Trieste
7 Giorgio Prantera, PA, Università della Tuscia
8 Sergio Pimpinelli, PO, Università La Sapienza
9 Laura Fanti, PA, Università La Sapienza
10 Ennio Giordano, RU, Università di Napoli Federico II
11 Laura Gardini, PO, Università di Urbino
12 Leonard G. Robbins, PO, Università di Siena
13 Maria Pia Bozzetti, PA, Università di Lecce
14 Patrizia Lavia, primo ricercatore, IBPM, CNR, Roma
15 Gianni Romeo, PO, Università di Bologna
16 Ruggiero Caizzi, PO, Università di Bari
17 Luisa Castagnoli, PO, Università di Tor Vergata, Roma
18 Gianni Cesareni, PO, Università di Tor Vergata, Roma
19 Vittorio Sgaramella, già PO, Università della Calabria
20 Manuela Helmer-Citterich, PO, Università di Tor Vergata, aroma
21 Giovanna De Benedictis, PO, Università della Calabria
22 Sandra Urbanelli, PA, Università La Sapienza, Roma
23 Patrizia Malaspina, PA, Università di Tor Vergata, Roma
24 Carla Iodice, PA, Università di Tor Vergata
25 Bianca Colonna, PA, Università La Sapienza, Roma
26 Milena Grossi, RU, Università La Sapienza, Roma
27 Maurizio Gatti, PO, Università La Sapienza, Roma
28 Rodolfo Negri, PO, Università La Sapienza, Roma
29 Francesco Pedone, PA, Università La Sapienza, Roma
30 Viola Calabrò, PA, Università di Napoli Federico II
31 Stefania Gonfloni RU, Università di Tor Vergata, Roma
32 Giovanna Lucchini, PO, Università di Milano-Bicocca
33 Francesco Amaldi, PO, Università di Tor Vergata, Roma
34 Giuseppe Passarino, PO, Università della Calabria
35 Fiorentina Ascenzioni, PO, Università La Sapienza, Roma
36 Corrado Caggese, PO, Università di Bari
37 Gino Palumbo, PA, Università di Bari
38 Luciano Paolozzi, PO, Università di Tor Vergata, Roma
39 Laura Zonta, ex-PA, Prof. a contratto, Università di Pavia
40 Francesca Romana Velotti, PO, Università della Tuscia
41 Francesco Frati, PO, Università di Siena, Roma
42 Maria Saveria Gilardini Montani, RU, Università della Tuscia
43 Ernesto Di Mauro, PO, Università La Sapienza
44 Dina Bellizzi, RU, Università della Calabria
45 Fabio Bernini, PO, Università di Siena
46 Vincenzo Petrarca, PO, Università La Sapienza, Roma
47 Lina Ghibelli, RU, Università Tor Vergata, Roma
48 Giuseppina Rose, PA, Università della Calabria
49 Carla Quagliariello, PA, Università della Calabria
50 Giampiero Gualandi, PO, Università della Tuscia
51 Maria Adele Losso, RU, Università della Calabria
52 Teresa M.R. Regina, RU, Università della Calabria
53 Carla Caruso, PA, Università della Tuscia
54 Carlo Caporale, PA, Università della Tuscia
55 Simona Panni, RU, Universita’ della Calabria
56 Bianca Maria Ciminelli, RU, Università di Tor Vergata, Roma
57 Fabio Polticelli, RU, Università di Roma Tre, Roma
58 Chiara Campanella, PO, Università di Napoli Federico II
59 Giovanni Perini, PA, Università di Bologna
60 Giovanni Bertoni, RU, Università degli Studi di Milano
61 Marina Piscopo, RU, Università di Napoli Federico II
62 Enrica Galli, PO, Università degli Studi di Milano
63 Alessandra Pollice, RU, Università di Napoli, Federico II
64 Mauro M. Colombo, PA, Università La Sapienza, Roma
65 Salvatore Guglielmino, PA, Università degli Studi di Messina
66 Enrico Casalone, RU, Università di Firenze
67 Alessandra Pani, PA, Università di Cagliari
68 Massimiliano Fenice, PA, Università della Tuscia
69 Giorgio Mastromei, PO, Università di Firenze
70 Moreno Bondi, PA, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
71 Alessandra Polissi, RU, Università di Milano-Bicocca
72 Anna Ivana Scovassi, ricercatore IGBE, CNR, Pavia
73 Annamaria Franzè, IGB–CNR, Napoli
74 Beatrice Cardinali, IBPM, CNR, Roma
75 Carmela Gissi, RU, Università di Milano
76 Caterina Missero, ricercatore, TIGEM, Napoli
77 Massimo Crippa, S. Raffaele Scientific Institute, Milano
78 Daniela Barilà, Dulbecco Telethon Institute, Università Tor Vergata, Roma
79 Davide Corona, Dulbecco Telethon Institute, Università di Palermo
80 Nicoletta Landsberger, PA, I Università dell'Insubria
81 Monica Beltrame, RU, Università di Milano
82 Paolo La Colla, PO, Università di Cagliari
83 Bruno Arcà, RU, Università di Napoli
84 Paolo Mariottini, PO, Università di Roma3, Roma
85 Rodolfo Costa, PO, Università di Padova
86 Davide Ambrosetti, RU, Università di Bologna
87 Paolo Costantino, PO, Univerisità La Sapienza, Roma
88 Mauro Gallegati, PO, Università Università Politecnica delle Marche
89 Paola Vittorioso, PA, Università La Sapienza, Roma
90 Donatella Barra, PO, Università La Sapienza, Roma
91 Fabrizio Palitti, PO, Università della Tuscia
92 Margherita Sacco, PA, Seconda Università di Napoli
93 Loreto Rossi, PO, Università La Sapienza, Roma
94 Maria Letizia Costantini, PA, Università La Sapienza, Roma
95 Carmen Di Franco, RU, Università La Sapienza, Roma
96 Caterina Tanzarella, PA, Università Roma Tre, Roma
97 Elisabetta Borghini Zennaro, PA, Università di Roma Tre, Roma
98 Maria Berloco, RU, Università di Bari
99 Elisabetta Affabris, PA, Università di Roma Tre, Roma
100 Alessandro Fatica, RU, Università La Sapienza, Roma
101 Stefano Cacchione, PA, Università La Sapienza, Roma
102 Andrea Mele, PA, Università La Sapienza, Roma
103 Fulvio Cruciani, RU, Università La Sapienza, Roma
104 Ileana Ferrero, PO, Università di Parma
105 Chiara Tonelli, PO, Università degli Studi di Milano
106 Claudio Gualerzi, PO, Università di Camerino
107 Franco Baldi, PO, Università Cà Foscari, Venezia
108 Guido Favia, PA, Università di Camerino
109 Paola Barbieri, PA, Università dell'Insubria
110 Anna Maria Musti, PA, Università della Calabria
111 Clara Urzì, RU, Universita' di Messina
112 Fausto Vagnetti, PA, Università di Tor Vergata. Roma
113 Paola Turina, RU, Universita' di Bologna
114 Franco Montanari, PO, Università di Genova
115 Giovanni Destro Bisol, PA, Università La Sapienza, Roma
116 Pietro Lupetti, PA, Università di Siena
117 Livia Leoni, Tecnico laureato, Università di Roma Tre, Roma
118 Federica Briani, RU, Università di Milano
119 Davide Bizzaro, PA, Universita' Politecnico delle Marche
120 Maria Teresa Fiorenza, RU, Università La Sapienza, Roma
121 Alessandra M. Albertini, PO, Università di Pavia
122 Renata Cozzi, PA, Università di Roma Tre, Roma
123 Franco Mangia, PO, Università La Sapienza, Roma
124 Giuseppina Bestetti, Università di Milano-Bicocca
125 Ferdinando Di Cunto, PA, Università di Torino
126 Marco Colasanti, PA, Università di Roma Tre, Roma
127 Antonio Antoccia, RU, Università di Roma Tre, Roma
128 Rosaria Rendina PhD, Università di Napoli, Federico II
129 Giovanna Romeo, PA, Università di Roma Tre, Roma
130 Laura Fiorucci, Università di Roma Tre, Roma
131 Maria Rosalia Pasca, RU, Università di Pavia
132 Caterina Mencarelli, RU, Università di Siena
133 Alessandro Galizzi, PO, Università di Pavia
134 Franca Pelliccia, PA, Università La Sapienza”, Roma
135 Maurizia Valli, PA, Università di Pavia
136 Guglielmina Nadia Ranzani, PO, Università di Pavia
137 Elena Raimondi, PA, Università di Pavia
138 Antonio Torroni, PO, Università di Pavia
139 Ornella Semino, PA, Università di Pavia
140 Paolo Plevani, PO, Università di Milano
141 Marco Soria, PO, Università Magna Graecia di Catanzaro
142 Davide Zannoni, PO, Università di Bologna
143 Gian Italo Bischi, PO, Università di Urbino
144 EnzoTramontano, PA, Università di Cagliari
145 Attilio Converti, PA, Università di Genova
146 Giovanna Carignani, PA, Università di Padova
147 Maria Giovanna Martinotti, PA, Università del Piemonte Orientale
148 Maria Elena Marongiu, PA,Università di Cagliari
149 Roberta Loddo, RU, Università di Cagliari
150 Elena Tamburini, RU, Università di Cagliari
151 Serafina Massari, RU, Università di Lecce
152 Giuliano Gasperi, PO, Università di Pavia
153 Gian Carlo Manicardi, PA, Università di Modena e Reggio Emilia
154 Giuseppe Vona, PO, Università di Cagliari
155 Carla Maria Calò, RU, Università di Cagliari
156 Rachele Antonacci, RU, Università di Bari
157 Brunella Perito, RU, Università di Firenze
158 Anna Malacrida, PO, Università di Pavia
159 Anna Milano, RU, Università di Pavia
160 Roberta Provvedi, RU, Università di Padova
161 Genuario Belmonte, PO, Università del Salento
162 Maurizio Pinna, RU, Università del Salento
163 Luigino Troisi, PO, Università del Salento
164 Claudia Donnini, PO, Università di Parma
165 Elena Beccari, ricercatore IBPM, CNR, Roma
166 Elena Battaglioli, RU, Università di Milano
167 Elvira Crescenzi, Università di Napoli "Federico II”
170 Fabio Virgili, Università di Roma Tre
171 Giacomo Consalez, DIBIT Osp. San Raffaele, Milano
172 Nicola Altamura, ricercatore, IBBE, CNR, Bari
173 Giorgio Morelli, ricercatore, INRAN, Roma
174 Massimo Castagnola, PO, Università Cattolica, Roma
175 Linda Ester IV - Coll. Tecnico E.R. CNR, Ravenna
176 Palmiro Cantatore, PO, Università di Bari
177 Paola Fragapane, IBPM, CNR, Roma
178 Antonella Sgura, Università di Roma Tre
179 Anna Maria Musti, PA, Università della Calabria
180 Alessandro Melchiorri, RU, Università La Sapienza, Roma
181 Regina Teresa Maria Rosaria, RU, Univ. della Calabria,
182 Riccardo Angelini, PO, Università di Roma Tre
183 Roberta Benfante, Università di Milano
184 Roberto Dieci, PA, Università di Bologna
185 Sergio Giannattasio, ricercatore IBBE, CNR, Bari
186 Silvia Anna Ciafré, PA, Università di Tor Vergata
187 Silvia Barabino, RU, Università di Milano-Bicocca
188 Simona Baima, ricercatore, INRAN, Roma
189 Stefano Borgani, PA, Università di Trieste
190 Umberto Bertazzoni, PO, Università di Verona
191 Valerio Vittorini, post-doc, Università di Tor Vergata
192 Giovina Ruberti, primo ricercatore, IBC, CNR, Monterotondo
193 Maria Capovilla, Assistant Telethon Scientist, Bologna
194 Cinzia Calvio, RU, Università di Pavia
195 Giorgio Merlo, Telethon Scientist, Dulbecco Institute, CNR-ITB Milano
196 Giulia Guarguaglini, ricercatore IBPM, CNR, Roma
197 Carlo Presutti, PA, Università La Sapienza, Roma
198 Enzo Calautti, Assistant Telethon Scientist, Università di Torino
199 Roberto Chiesa, Telethon Scientist, Isituto Mario Negri, Milano
200 Fulvio Bisi, RU, Universita' di Pavia
201 Giuseppe Geraci, PO, Università di Napoli "Federico II”
202 Catello Polito, PO, Università di Napoli "Federico II”
203 Elda Perlino, ricercatore IBBE, CNR, Bari
204 Giovanni Dosi Sc.Sup. S.Anna PISA
205 Giovanni Battista Andreozzi, RU, Università La Sapienza, Roma
206 Paolo Tozzi, ricercatore INAF, Firenze
207 Fiorella LO SCHIAVO, PO, Univiversità di PADOVA
208 Giuseppe Biamonti, ricercatore IGM, CNR, Pavia
209 Guido Martinelli, PO, Università La Sapienza, Roma
210 Luciano Maiani, PO, Università La Sapienza, Roma
211 Alessandro Panconesi, PO, Università La Sapienza, Roma
212 Mariella Dentini, PO, Università La Sapienza, Roma
213 Enzo.Marinari, PO, Università La Sapienza, Roma
214 Corado Fanelli, PO, Università La Sapienza, Roma
215 Valeria Ferrari, PO, Università La Sapienza, Roma
216 Giulia Di Lorenzo, PO, Università La Sapienza, Roma
217 Maria Assunta Pozio, PA, Università La Sapienza, Roma
218 Stefano Levialdi, PO, Università La Sapienza, Roma
219 Luisa Migliorati, PA, Università La Sapienza, Roma
220 Massimiliano Andretta, PO, Università di Pisa
221 Enrico Marinello, PO, Università di Siena
222 Rita Calabrese , PO, Università di Palermo
223 Cosimo Perrotta, PO, Università del Salento
224 Paolo Ventura, PO, Università di Parma
225 Bruno Bertolini, PO, Università di Tor Vergata, Roma
226 Claudio Cherubini, PO, Politecnico di Bari
227 Donna Rose Miller, PO, Alma Mater Studiorum - University of Bologna
228 Maria Grazia Betti, PA, Università La Sapienza, Roma
229 Brunello Tirozzi, PO, Università La Sapienza, Roma
230 Claudio Procesi, PO, Università La Sapienza, Roma
231 Barbara Di Fiore, borsista CNR, IBPM, Roma
232 Afredo Coppa, PO, Università La Sapienza, Roma
233 Sabrina Sabatini, borsista, Università La Sapienza, Roma







RU= Ricercatore universitario
PA= Professore associato
PO= Professore ordinario