venerdì 29 novembre 2013

Gli idonei di prima fascia scrivono al Ministro Carrozza

Lettera dei Docenti in servizio negli Atenei Italiani idonei al ruolo di professore di I Fascia – Concorsi 2008
Illustre Ministro,
Siamo circa 210 docenti in servizio in molti Atenei di tutta Italia, che hanno regolarmente vinto un concorso per professore di I Fascia (bandito nel 2008 ai sensi della legge 3 luglio 1998 n. 210 e successive modificazioni) e che non riescono a prendere servizio con tale funzione a causa di una complessa catena di norme sovrappostesi negli ultimi anni. Al riguardo il Coordinamento Idonei Prima Fascia si rivolse già in passato al Suo predecessore (cfr. www.idoneiprimafascia.net).
Come Lei sa, siamo risultati idonei in concorsi espletati con norme molto più rigorose rispetto a quelle previste all'atto dell'emanazione dei bandi, ovvero con commissioni sorteggiate, anziché autoelette. Il nostro profilo scientifico e didattico è testimoniato dai numerosi progetti di ricerca nazionali ed internazionali a cui partecipiamo e dai molti anni di attività didattica universitaria, certificata, oltre che dalla realtà dei fatti, dall’esito di un concorso pubblico.
Per lo svolgimento delle procedure di selezione e per il completamento dell’iter amministrativo il MIUR ha già impiegato notevoli risorse. Molti colleghi vincitori della stessa tornata concorsuale sono entrati regolarmente in servizio con la qualifica superiore solo perché si trovavano in Atenei con una condizione finanziaria migliore o perché hanno avuto la precedenza (spesso in modo casuale) in un periodo di riduzione del turn over. Quest’anno, a fronte della cessazione di un numero di docenti equivalenti a 2.227,48 “Punti Organico” a livello di sistema universitario ne sono stati riassegnati solo 445,50. Alcune sedi hanno avuto meno di un intero “Punto Organico”, a fronte di decine di Idonei alla I Fascia in attesa di prendere servizio da anni.
Il nostro passaggio dalla II alla I Fascia comporterebbe un investimento irrisorio in termini economico-finanziari reali. In termini di “Punti Organico” sarebbero necessari meno dei teorici 60 “Punti Organico” (0,3 per ciascun idoneo chiamato in servizio); una briciola rispetto ai punti non reimpiegati per il blocco del turn over.
Per i nostri colleghi idonei alla II Fascia sono state stanziate rilevanti risorse “vincolate”. Noi chiediamo solo una deroga al limite dell’utilizzo dei punti organico per le nostre prese di servizio. Ci troveremo a breve a contenderci le risorse con gli “Abilitati” in arrivo, per i quali vige un regime normativo ed assunzionale completamente diverso. Solo un intervento “ad hoc” potrebbe risolvere una situazione che rischia di trasformarsi in un ulteriore blocco per gli Atenei che già, in questi anni, hanno sofferto per il perdurare dei tagli, soprattutto al Centro-Sud.
Peraltro, per molti di noi, c’è il rischio concreto di perdere l’idoneità di I Fascia (durata 5 anni) determinando un'ingiustizia nei nostri confronti ed un grave danno agli Atenei di appartenenza, e vanificando energie e risorse finanziarie investite nei concorsi di cui siamo risultati vincitori. Comprendiamo perfettamente l'attuale difficile congiuntura economica in cui versa il Paese e la complessità delle norme in vigore, ma il nostro problema è ampiamente risolvibile con una spesa molto limitata.
Al riguardo Le segnaliamo come nella discussione in atto sulla Legge di Stabilità al Senato si sia manifestato un ampio interessamento a favore della risoluzione della nostra situazione, con la presentazione di più emendamenti, da parte di Parlamentari di diversi partiti. Illustre Ministro, in considerazione di quanto esposto, Le chiediamo di farsi promotrice di una iniziativa governativa che consenta: la presa di servizio di tale personale con risorse a valere su quelle che si rendono disponibili dalle cessazioni, destinando specificamente a tale fine la quota necessaria ricavata aumentando di pari entità la percentuale del turn over prevista.
Si tratterebbe di una misura transitoria, valida una tantum, che andrebbe ad incidere in minima parte sul turn over programmato, ed in ogni caso con impegno di risorse notevolmente inferiore a quello previsto per il piano straordinario per gli associati.
Fiduciosi nella Sua autorevolezza La ringraziamo anticipatamente per l’attenzione e l'impegno che vorrà porre alla questione.
Distinti saluti
28 Novembre 2013
primafascia2008@gmail.com
as.bergantino@gmail.com
idonei2008@gmail.com
Elenco dei Docenti Firmatari
ALESSIO GIOVANNI g.alessio@oftalmo.uniba.it AMBROSONE LUIGI ambroson@unimol.it ANTONINI GIULIO giulio.antonini@univaq.it ARBUSTINI ELOISA e.arbustini@smatteo.pv.it ARTICO MARCO marco.artico@uniroma1.it BALDI MARIO mario.baldi@polito.it BARBA DAVIDE barba@unimol.it BARENGHI ANDREA barenghi@unimol.it BARNI MAURO mauro.barni@unisi.it BARTOLETTI ROBERTA roberta.bartoletti@uniurb.it BEGHELLI MARCO marco.beghelli@unibo.it BELLINO ENRICO enrico.bellino@unicatt.it BERGANTINO ANGELA STEFANIA as.bergantino@gmail.com BERNUZZI CLAUDIO claudio.bernuzzi@polimi.it BERTOLINO ALESSANDRO a.bertolino@psichiat.uniba.it BOMPARD ETTORE FRANCESCO ettore.bompard@polito.it BONACCHI MASSIMILIANO massimiliano.bonacchi@gmail.com BOTTONI PAOLO GASPARE bottoni@di.uniroma1.it BRESCHI LORENZO lbreschi@units.it BRESCIA MORRA CONCETTA bresciam@unisannio.it BRUSA EUGENIO eugenio.brusa@polito.it BUSCO CRISTIANO busco@unisi.it CALIGIURI MARIO caligiuri@caligiuri.it CALZA' LAURA laura.calza@unibo.it CAMPANI GIOVANNA giovanna.campani@unifi.it CAPUANO ALESSANDRA ale.capuano@fastwebnet.it CARAFA PAOLO paolo.carafa@uniroma1.it CARDONA MARIO cardonmario@gmail.com CASALINO LORENZO lorenzo.casalino@polito.it CASSIANI GIORGIO giorgio.cassiani@unipd.it CERNIGLIA FLORIANA MARGHERITA floriana.cerniglia@unimib.it CHESSA LUCIANA Luciana.Chessa@uniroma1.it CHIARUCCI ALESSANDRO alessandro.chiarucci@unisi.it CIMBOLLI SPAGNESI PIERO piero.cimbollispagnesi@uniroma1.it CINA ALBERTO alberto.cina@polito.it CLINI, ENRICO enrico.clini@unimore.it COLAVITA GIAMPAOLO colavita@unimol.it COLOMBO LUCA VITTORIO ANGELO lucava.colombo@unicatt.it CONFORTI DOMENICO mimmo.conforti@unical.it CORI ENRICO e.cori@univpm.it COSTA VINCENZO vincenzo.costa@unimol.it COTRONE RENATA r.cotrone@lettere.uniba.it CRESCENZI VICTOR victor.crescenzi@fastwebnet.it DALLARI FABRIZIO fdallari@liuc.it DAMIANI ENRICO damiani@unimc.it DE CRISTOFARO ANTONIO decrist@unimol.it DE PASCALI PAOLO paolo.depascali@uniroma1.it DI SANTO ROBERTO roberto.disanto@uniroma1.it DIMITRI PATRIZIO patrizio.dimitri@uniroma1.it DONINI LORENZO MARIA lorenzomaria.donini@uniroma1.it DUBINI PAOLA paola.dubini@unibocconi.it ESPOSITO DE FALCO SALVATORE salvatore.espositodefalco@uniroma1.it FABBROCINO GIOVANNI giovanni.fabbrocino@unimol.it FABIANI DANIELA daniela.fabiani@unimc.it FARINOLA GIANLUCA MARIA gianlucamaria.farinola@uniba.it FERLAZZO FABIO fabio.ferlazzo@uniroma1.it FERRI, GIUSEPPE giuseppe.ferri@univaq.it FERRI PAOLO MARIA paolo.ferri@unimib.it FILICE LUIGINO l.filice@unical.it FIORDELISI FRANCO franco.fiordelisi@uniroma3.it FIORENTINI MARIO fiorentm@units.it FIORILLO FRANCESCO francesco.fiorillo@unisannio.it FREGO, SILVIA ANTONELLA s.frego@tiscali.it FRIGERI ANTONIO a.frigeri@biologia.uniba.it GARRITANO FRANCESCO francesco.garritano@gmail.com GENTILE FABRIZIO gentilefabrizio@unimol.it GEOBALDO FRANCESCO francesco.geobaldo@polito.it GRANO MARIA m.grano@anatomia.uniba.it GRAZI GIAN LUCA grazi@ifo.it GRILLI MARCO marco.grilli@roma1.infn.it GUERRIERO FRANCESCA guerriero@deis.unical.it IACOMETTI MIRYAM miryam.iacometti@unimi.it IANNANTUONI GIOVANNA giovanna.iannantuoni@unimib.it IAVARONE MARIA LUISA iavarone@uniparthenope.it ICARDI UGO ugo.icardi@polito.it IRRERA FERNANDA fernanda.irrera@uniroma1.it JANNINI EMMANUELE emmanuele.jannini@univaq.it LABANCA NICOLA nicola.labanca@unisi.it LAZZARA PAOLO plazzara@uniroma3.it LENZI RAFFAELE raffaele.lenzi@unisi.it LEONCINI ISABELLA isabellaleoncini@yahoo.it LOMBARDI ROBERTA roberta.lombardi@unipmn.it MACII ALBERTO alberto.macii@polito.it MAGGIORE GIUSEPPE giuseppe.maggiore@med.unipi.it MALAGOLI CLAUDIO c.malagoli@unisg.it MANTOVANI MARCO ORLANDO mantovanio@tiscali.it MANZINI RAFFAELLA rmanzini@liuc.it MARADEI FRANCESCAROMANA francesca.maradei@uniroma1.it MARCI TITO tito.marci@uniroma1.it MAROTTA GEMMA Gemma.Marotta@uniroma1.it MARULLO RITA rmarullo@unirc.it MASULLI FRANCESCO francesco.masulli@unige.it MASULLO MARIOROSARIO mario.masullo@uniparthenope.it MICHELI MARIA ELISA maria.micheli@uniurb.it MILANI PAOLA paola.milani@unipd.it MIRALDI FABIO fabio.miraldi@uniroma1.it MOGLIA GIUSEPPE giuseppe.moglia@polito.it MONTORSI GUIDO guido.montorsi@polito.it MORO GIUSEPPE g.moro@psico.uniba.it MUSCOLO ADELE MARIA amuscolo@unirc.it NICOLO' DOMENICO domenico.nicolo@unirc.it NUOVO ANGELA MARIA angela.nuovo@uniud.it OCCHIENA MASSIMO massimo.occhiena@occhiena.it OLGIATI VITTORIO vittorio.olgiati@unimc.it ORSI GIOVANNI BATTISTA giovanni.orsi@uniroma1.it PADIGLIONE VINCENZO vincenzo.padiglione@uniroma1.it PAIELLA MONICA PIA CECILIA monicapaiella@libero.it PALERMO FRANCESCO francesco.palermo@eurac.edu PARENTE FERDINANDO fparente@notariato.it POLINI WILMA polini@unicas.it PORTINCASA PIERO p.portincasa@semeiotica.uniba.it PRIZZON FRANCESCO francesco.prizzon@polito.it PROIETTI GUIDO guido.proietti@univaq.it QUAGLIARINI ENRICO e.quagliarini@univpm.it RAIMO GENNARO raimo@unimol.it RANGONE NICOLETTA nicoletta.rangone@polimi.it RINALDI SIMONE rinaldi@unisi.it RIPABELLI GIANCARLO ripabelli@unimol.it RIVA CRUGNOLA CRISTINA cristina.riva-crugnola@unimib.it RIZZO MARIA ANTONIETTA marizzo@tiscali.it ROMEO ROBERTO roberto.romeo@uniurb.it RONCONE RITA rita.roncone@cc.univaq.it RONDI LAURA laura.rondi@polito.it SANCETTA GIUSEPPE giuseppe.sancetta@uniroma1.it SANESI GIOVANNI sanesi@agr.uniba.it SANTANELLI FABIO Fabio.Santanelli@uniroma1.it SARACINO MARIA ANTONIETTA mariantonietta.saracino@uniroma1.it SCARCELLO FRANCESCO scarcello@deis.unical.it SCOGNAMIGLIO ANDREINA andreina.scognamiglio@unimol.it SCOPPOLA ELISABETTA scoppola@mat.uniroma3.it SODANO VALERIA vsodano@unina.it SOLA LUCIANA luciana.sola@uniroma1.it SOLANO LUIGI luigi.solano@uniroma1.it SORICE MAURIZIO maurizio.sorice@uniroma1.it SPERANZA ANNA MARIA annamaria.speranza@uniroma1.it STANCA LUCA luca.stanca@unimib.it TALIENTO MARCO m.taliento@unifg.it TEROVA GENCIANA genciana.terova@uninsubria.it TIRELLI MARIO mario.tirelli@uniroma3.it TONELLI NATASCIA natascia.tonelli@unisi.it TOSCANO MARIO Mario.Toscano@uniroma1.it TUCCI ANDREA a.tucci@unifg.it VAIRA BERARDINO berardino.vaira@unibo.it VERGATI STEFANIA stefania.vergati@uniroma1.it VOLPICELLA ANGELA a.volpicella@lettere.uniba.it ZAMPA PAOLA paola.zampa@uniroma1.it ZANGRANDO ENNIO ezangrando@units.it ZEN FRANCESCO francesco.zen@unipd.it ZOTTERI GIULIO giulio.zotteri@polito.it

Legge di stabilità, la camera intervenga a favore dei professori associati

Da Europa quotidiano, 27 novembre 2013
http://www.europaquotidiano.it/2013/11/27/legge-di-stabilita-la-camera-intervenga-a-favore-dei-ricercatori-associati/
Forse non tutti sanno che gli ultimi concorsi universitari locali vennero banditi nel 2008 ed espletati nel 2010, poco prima dell’entrata in vigore della legge Gelmini che fu approvata nel dicembre dello stesso anno. Durante quella lunga sospensione temporale, il governo dell’epoca avrebbe potuto anche annullare quei concorsi “vecchia maniera” ed espletarli in seguito con nuove norme, ma non lo fece. Decise invece di procedere rendendo più rigorose le modalità di formazione delle commissioni, che vennero per quattro quinti sorteggiate e non più elette in modo più o meno discrezionale dagli Atenei. Quel governo scelse, quindi, con convinzione di portare a compimento il processo concorsuale iniziato e in qualche modo se ne assunse la responsabilità.
Purtroppo, tale responsabilità nei nostri confronti è stata sostanzialmente elusa: a tutt’oggi siamo circa duecento professori associati idonei al ruolo di professore ordinario con la carriera bloccata dal 2010, perchè impossibilitati a prendere servizio nel nuovo ruolo, a causa di una complessa catena di norme sovrappostesi negli ultimi anni. L’idoneità quinquennale da noi regolarmente conseguita scadrà l’anno prossimo e allora diventeremo merce avariata: un’ingiustizia nei nostri confronti, un grave danno agli Atenei di appartenenza e uno spreco di risorse finanziarie investite nei concorsi di cui siamo risultati vincitori.
Al contrario, altri nostri colleghi, risultati idonei nella stessa tornata concorsuale, e spesso nello stesso concorso, sono entrati regolarmente in servizio solo perché si trovavano in Atenei più “virtuosi”, ovvero in condizioni finanziarie migliori di altri, oppure grazie a circostanze che si potrebbero definire fortuite. Vale la pena ricordare che il sistema universitario pubblico è stato pesantemente colpito dalla drastica contrazione del turnover che nell’ultimo biennio è sceso al 20%, in molte sedi addiruttura non si supera il 10% (un nuovo assunto per ogni 10 professori in pensione). Ma il fattore economico, nel nostro caso, non è un aspetto limitante: noi costiamo poco, essendo già professori associati con anzianità di servizio. Infatti, il nostro avanzamento a ordinario comporterebbe un investimento calcolabile in circa 60 “punti organico”, solo il 2.8% rispetto ai 2.227,48 recuperati in seguito ai pensionamenti e riutilizzati solo in minima parte, a causa del blocco del turnover.
Che sia ben chiaro, noi non vogliamo una sanatoria, come qualcuno sostiene per indebolire le nostre richieste. Siamo dei professionisti seri, il nostro profilo didattico e scientifico è testimoniato dai molti anni di attività di insegnamemento universitario certificato, dai numerosi progetti di ricerca nazionali e internazionali di cui siamo titolari o a cui partecipiamo, dalle collaborazioni con prestigiosi centri di ricerca esteri e dalla qualità delle nostre pubblicazioni. Desideriamo solo il riconoscimento di un titolo maturato sul campo e ottenuto attraverso concorsi di certo sicuramente più restrittivi delle attuali abilitazioni nazionali. Risolvere tale situazione di disparità significa anche rendere più agevole la prossima attuazione della nuova normativa di reclutamento legata alle abilitazioni nazionali, senza creare ulteriori conflitti. Forti del nuovo ruolo, potremmo inoltre contribuire maggiormente allo sviluppo della ricerca e dell’innovazione nel Paese, non a caso molti di noi hanno scelto di rimanere in Italia nonostante avessero migliori prospettive all’estero.
Nella recente discussione al senato sulla legge di stabilità sono stati presentati due emendamenti tendenti a risolvere tale situazione critica, uno presentato dal Pd (Senatori firmatari Tocci, Puglisi, Di Giorgi, Idem, Marcucci, Martini, Mineo, Zavoli, Nencini, Pagliari) ed un altro del Pdl (Senatore firmatario Mazzoni,) che sono stati accolti dalla Commissione VII (Cultura) e hanno raccolto un ampio consenso tra gli altri senatori. Purtroppo, al di là di ogni motivazione di buon senso e secondo la logica della mannaia indiscriminata, il governo ha bocciato quegli emendamenti. Un atto di discriminazione nei nostri confronti, rispetto a tutti coloro che sono stati reclutati secondo la vecchia procedura.
Adesso la partita si riaprirà alla camera ed il Coordinamento idonei prima fascia intende incrementare l’opera di sensibilizzazione già iniziata al Senato e aprire un confronto con il governo per promuovere un emendamento risolutivo della discriminazione.

sabato 23 novembre 2013

Una lettera a docenti, ricercatori, dottorandi e borsisti: non restiamo in silenzio, facciamoci sentire con azioni concrete di protesta

Cari colleghi e amici,
Come sapete bene, la situazione negli atenei e nei centri di ricerca è sempre più grave. Alla cronica e progressiva riduzione dei finanziamenti, ora si è aggiunta la cancellazione del Prin 2013 e la competizione, già molto serrata, sta diventando un gioco al massacro dove gruppi anche produttivi rischiano di essere spazzati via.
Come se non bastasse, a tutto ciò si sono sommate le ripercussioni dovute all'uso della bibliometria automatica e quantitativa dell'Anvur, per valutare università, enti di ricerca e ricercatori. Sono sotto gli occhi di tutti i risultati aberranti della recente della VQR. Per non parlare delle ASN con le maree di candidati che si sono presentati, con le commissioni nel caos e con risultati che non rispecchiano necessariamente qualità e originalità della ricerca dei candidati. E che ne dite della storia delle mediane per selezionare coordinatori del dottorato e relativi membri della giunta?
Le mediane stanno diventando una pericolossissima arma impropria finalizzata ad una vera e propria "eugenetica" della ricerca. E' chiaro che quelli che si ritrovano avvantaggiati dal sistema Anvur siano un po' recalcitranti a spingere per modificarlo o abbandonarlo del tutto. Ma io credo che, al di là del tornaconto personale, bisognerebbe avere l'onestà intellettuale di ammettere che la valutazione non è questa e che questo sistema non può altro che accelerare il declino totale di università e ricerca.
Su questi e altri argomenti ho scritto una lettera aperta che è stata pubblicata di recente su Europa (http://www.europaquotidiano.it/2013/11/11/caro-letta-universita-e-ricerca-sono-ancora-figlie-di-un-dio-minore) e sul blog Roars (http://www.roars.it/online), un sito che vi consiglio di consultare in quanto strumento di informazione molto utile per tutti noi.
Segnalo inoltre un interessante articolo apparso esattamente due anni fa sempre su Roars, dove Jacopo Meldolesi con una seria e approfondita analisi metteva a nudo i vari difetti della bibliometria dell'Anvur (http://www.roars.it/online/valutazione-della-ricerca-in-biologia-e-medicina-si-puo-fare-anche-per-bene). Jacopo Meldolesi aveva previsto con un certo anticipo i problemi che si sono creati oggi in seguito all'uso selvaggio delle mediane e vedeva come possibile un altro tipo di valutazione, sicuramente più affidabile e oggettiva di quella partorita dalle menti eccelse dei sette saggi dell'Anvur. Purtroppo le cose sono andate diversamente.
Oggi quando parlo con molti di voi, noto un enorme senso di rabbia e delusione, che però sfocia in una triste rassegnazione che sta avendo il sopravvento: si accetta tutto senza fiatare e si pensa solo a sopravvivere. Un domani accetteremo anche di pulire i gabinetti, se questo ci sarà imposto dal rettore o dal ministro di turno.
Come siamo arrivati a questo punto? Non credo sia giusto, nei nostri confronti ma soprattutto per i più giovani. Dobbiamo reagire e pensare a delle forme concrete e vivaci di protesta, allo scopo di ribaltare questa situazione di degrado.
Io credo che l'unico modo che abbiamo per essere presi in considerazione dal governo sia di bloccare lauree ed esami. Alcuni colleghi dicono che si penalizzerebbero gli studenti. Ma gli studenti sono già gravemente penalizzati dalle condizioni in cui si trovano università e ricerca pubbliche, dovrebbero capire che protestiamo anche per loro.
Nel frattempo, credo sia il caso di ravvivare la petizione contro l’uso della bibliometria, che avevamo aperto a giugno scorso: ecco il link, diffondetelo anche tra i giovani http://www.petizioni24.com/forum/60788#1
Un saluto a tutti, Patrizio Dimitri

mercoledì 20 novembre 2013

La lettera aperta inviata ai candidati alla segreteria del PD nel 2007: cosa è cambiato da allora?

Pubblico il testo di una lettera aperta su Università e Ricerca inviata nel settembre del 2007 agli allora candidati alla segreteria del PD, a cui risposero Walter Veltroni, Enrico Letta, Rosy Bindi e Luciano Modica.
E' molto triste, per non dire peggio, notare che i problemi per Università e Ricerca pubbliche sono sempre gli stessi (mancanza di programmazione, azzeramento dei finanziamenti, cancellazione del Prin ecc), ma da allora la già grave situazione, come sappiamo bene, è ulteriormente peggiorata. Quale malato migliora in assenza dei giusti interventi medici? E' vero che raramente anche i malati terminali possono guarire in modo inspiegabile, è un miracolo quello che ci vuole per salvare Università e Ricerca? Dobbiamo andare a Lourdes?
Il testo della lettera aperta del 2007, firmata da più di 500 ricercatori e docenti italiani, è quindi ancora molto attuale e si potrebbe inoltrare tale e quale agli esponenti di questo governo, al Ministro Carrozza e a tutti politici del nostro paese.
LETTERA APERTA SU UNIVERSITA' E RICERCA AI CANDIDATI ALLA SEGRETERIA DEL PARTITO DEMOCRATICO - Mario Adinolfi - Rosy Bindi - Jacopo Gavazzoli Schettini - Piergiorgio Gawronski - Enrico Letta - Walter Veltroni
p.c. On. Ministro Fabio Mussi On. sottosegretario Luciano Modica
Roma, 11 settembre 2007
Gentili candidati alla segreteria del Partito Democratico,
La ricerca scientifica è da sempre stata, e lo è ancor di più oggi, un elemento chiave della crescita e sviluppo di un paese evoluto. Molti stati investono nella ricerca pubblica ingenti risorse e significative porzioni del PIL. Purtroppo, nel nostro paese, i finanziamenti, già scarsi, sono ora diventati drammaticamente insufficienti, a causa sia di una finanziaria che ha penalizzato fortemente Università e ricerca pubblica, sia di una gestione dell’esistente fino ad oggi inadeguata. I problemi della ricerca in Italia non sono una novità, ma oggi la loro gravità è ulteriormente cresciuta, con conseguenze negative enormi sullo sviluppo culturale e tecnologico del nostro paese. Un cambio di strategia appare urgente ed esso non può concretizzarsi senza una presa di coscienza da parte del Partito Democratico, il nuovo partito della maggioranza di governo, e della sua dirigenza.
Paesi come Gran Bretagna e Francia hanno steso documenti di programmazione della ricerca pubblica per il decennio 2004-2014. Da noi, invece, ogni forma di seria programmazione sembra misteriosamente inattuabile. E’ deludente notare come, dopo più di un anno di legislatura, nessuno dei buoni propositi annunciati dal Governo a favore di Università e Ricerca sia stato realizzato. Le riforme promesse sono tuttora “imbalsamate” da normative vecchie e nuove, la cui discussione sta creando una fase di stallo apparentemente senza fine. I concorsi per professore associato ed ordinario sono bloccati per effetto della legge Moratti, che il Governo ancora non sembra avere intenzione di modificare, mentre l’istituzione della terza fascia della docenza è ancora in fieri. I concorsi per 2000 nuovi posti di ricercatore universitario, dichiarati imminenti in molteplici occasioni, non sono stati banditi perchè ancora si attende l’approvazione del nuovo regolamento sul reclutamento. E’ di qualche giorno fa la notizia che Mussi avrebbe sbloccato 20 milioni di euro da utilizzare per nuovi concorsi di ricercatore universitario da bandire secondo le tanto criticate vecchie norme, ancora in vigore. Questo ultimo intervento, benché improcrastinabile, rappresenta in realtà un fallimento: le riforme annunciate non vengono attuate e si fa un clamoroso dietro front, per salvare capre e cavoli.
Sul fronte dei fondi destinati alla ricerca le cose vanno, se possibile, ancora peggio. Il finanziamento agli Enti Pubblici di ricerca è stato decurtato da un “accantonamento” per il risanamento del bilancio dello stato, che si voleva provvisorio, ma del quale non si è vista alcune forma di restituzione, contrariamente a quanto più volte assicurato. Come se non bastasse, il PRIN (Progetti di Ricerca d’Interesse Nazionale, istituito dal primo governo Prodi nel 1996), la più importante fonte di finanziamento per la ricerca di base universitaria, non ha ancora erogato i finanziamenti già deliberati per il 2007 e non è stato ancora bandito per il 2008, malgrado i reiterati annunci del Ministro Mussi e del Sottosegretario Modica. Siamo venuti a sapere che il decreto è stato rispedito al mittente dalla Corte dei Conti, con la richiesta di correzioni necessarie a renderlo compatibile con le normative vigenti. Dopo ben 6 mesi di ritardo sulla data prevista per il bando, esiste il serio rischio, per la prima volta dall’istituzione del programma, che per l’anno in corso esso non venga bandito. Si verificherebbe, così, l’assurda circostanza che, per l’anno in corso, i fondi della ricerca fondamentale, già fortemente decurtati dai governi di centrodestra, non vengano affatto erogati dal governo di centrosinistra.
Fino ad oggi gli interventi economici del Governo si sono orientati soprattutto verso necessità che sembravano immediate e hanno trascurato la ricerca, il cui sviluppo sembrava procrastinabile. Si è trattato di un grave errore. La ricerca, infatti, soprattutto se di alto profilo, è un'attività soggetta a forte competizione internazionale e la sua interruzione per mancanza di fondi, anche per un solo anno, può comportare danni gravissimi: sprechi di investimenti precedenti in personale ed attrezzature, perdita delle prospettive di applicazione tecnologica, dissoluzione dei gruppi migliori, fuga dei cervelli, disincentivi all’impegno dei molti ricercatori qualificati che rimangono e delle decine di migliaia di giovani in formazione. Inoltre la crisi della ricerca avrà conseguenze nefaste anche sulla didattica universitaria, che è indissolubilmente legata alla ricerca stessa, rendendo difficile un ricambio qualificato dei molti docenti vicini alla pensione.
Mai in precedenza abbiamo conosciuto difficoltà di tale entità, mai ci eravamo trovati a “navigare in acque così stagnanti”. A nostro giudizio tale situazione costituisce un’emergenza nazionale e richiede quindi un intervento rapido e di lunga durata. Occorre una svolta per superare questa drammatica fase di stallo ed evitare un disastro che può diventare irrecuperabile. Il Governo deve finalmente attuare provvedimenti concreti, adeguati ed immediati; la classe politica deve creare le condizioni, non solo economiche ma anche normative, perché una situazione del genere non si presenti mai più.
La comunità scientifica, nel nostro Paese ha un ruolo poco adeguato alle sue grandi potenzialità. Al contempo, il Paese ha grande bisogno di aumentare il numero dei suoi scienziati qualificati, di meccanismi di formazione e valutazione, di cultura scientifica. Investimenti in questa direzione sono condizione indispensabile per lo sviluppo verso l’alta cultura e l’alta tecnologia, in altre parole per il successo dell’Italia nei prossimi anni. Per questo ci rivolgiamo a voi ed al nascente Partito Democratico, che si propone come guida del Paese, per stabilire un filo diretto volto a costruire un dialogo concreto. Vi invitiamo a pronunciarvi sulla priorità che pensate di assegnare, nel vostro programma, a Università e ricerca, e sulle azioni che intendete attuare nel prossimo futuro per arrivare a riforme di semplificazione e di sostanza, che introducano cambiamenti praticabili, concreti e veramente risolutivi a favore della ricerca scientifica nel nostro paese. In attesa di conoscere la misura ed i modi del vostro impegno per la ricerca, vi inviamo i nostri più cordiali saluti e auguri di buon lavoro.

venerdì 8 novembre 2013

La Ministra Carrozza scriverà a Letta per chiedergli più soldi per la ricerca.............

C'è qualcosa che mi sfugge....Manca solo l'ufficialità per la notizia della cancellazione del bando Prin 2013 da parte del Governo Letta e nel frattempo la Ministra Carrozza annuncia che scriverà a Letta per chiedergli di assegnare 150 milioni di euro alla ricerca..
Cara Ministra, ma non potevate mettervi d'accordo prima, magari così non cancellavate il Prin 2013? E poi, mi scusi, ma con la lentezza delle poste italiane, non sarebbe meglio telefonare all'onorevole Letta, così ci sbrighiamo? Infine, mi permetta, 150 milioni di euro per la ricerca pubblica sono comunque pochini, visti i mostruosi tagli degli ultimi anni, ne servirebbero almeno 300.
Ecco l'intervista rilasciata al "Il Messaggero" dalla Carrozza.
http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/carrozza-stage-nelle-aziende-per-i-licei-e-300-milioni-per-la-ricerca-scrivero-una-lettera-a-letta-per-chiedere-piu-fondi-per-il-diritto-allo-studio.flc

Cancellato il bando Prin 2013??

Udite, udite: si sta facendo sempre più insistente una voce secondo cui il bando Prin 2013 (che sarebbe dovuto uscire nel 2014) sarebbe stato cancellato e che il fondi residui verranno utilizzati per un bando Firb dedicato ai giovani ricercatori precari. http://www.uninews24.it/news-nazionali-universita-italia/10828-cancellato-il-prin-2014.html
Vero o falso? Speriamo ardentemente che questa voce non corrisponda a verità, si tratterebbe di un'ennesima beffa, un fatto assurdo e gravissimo. Aspettiamo qualche giorno prima di commentare......

lunedì 4 novembre 2013

La ricerca di base: il sapere che ci fa ricchi

Qualche anno fa il premio nobel Renato Dulbecco dichiarò "Chi investe così poco in ricerca non può essere scientificamente competitivo né attirare a sé o trattenere i suoi ricercatori migliori", ma è rimasto inascoltato.
Per gli addetti ai lavori è più che evidente che la ricerca di base meriti di essere considerata una risorsa importante del paese e debba essere incentivata con finanziamenti adeguati. Ma se i nostri governi sono latitanti, se l'atteggiamento di una classe politica per buona parte ignorante e corrotta è quello di considerare la ricerca di base uno sterile e inutile esercizio, allora in assenza di programmazione e risorse adeguate la ricerca di base può benissimo marcire, come ormai sta accadendo e con la benedizione di tutti.
Ma la storia della scienza parla chiaro: la ricerca di base è uno dei motori fondamentali del progresso scientifico, culturale e tecnologico di un paese evoluto, senza di essa la ricerca applicata, finalizzata a scopi predefiniti, non esisterebbe.
Su questo tema segnalo il bell'articolo di Remo Bodei apparso il 20 ottobre scorso su "il Sole 24 ore" dove recensisce il bellissimo libro d "L'utilità dell'inutile" di Nuccio Ordine. Un testo che i nostri politici dovrebbero leggere (almeno quella piccola frangia dei più acculturati) e imparare a memoria!
http://www.scienzaevita.org/rassegne/e4442fe724cb936550c1f7c0a3e86eaf.PDF

Mentre Università e Ricerca pubbliche sono distrutte dai tagli, l'industria della politica consuma miliardi!!

Mentre gli effetti dei tagli del Governo Monti e del precedente Governo Berlusconi stanno distruggendo Università e Ricerca, come anche sanità e istruzione, c'è invece chi se la gode alla grande!
Di chi si tratta? Ma come non ve lo immaginate? Della nostra classe politica che ogni anno consuma miliardi di euro senza produrre gran che.
Da un articolo apparso sul "Fatto Quotidiano"si apprende che secondo un studio condotto dalla UIL quelli che in Italia ottengono dalla politica una fonte durevole di guadagno sono 1.128.722!!!! Esiste, quindi, un sottobosco di gente che ruota intorno ai partiti (comitati elettorali, segreterie di partiti, collegi elettorali, consulenti, portaborse, ecc. ecc.) che consuma miliardi di euro. Infatti, sempre secondo lo studio della UIL, i costi della politica, diretti e indiretti, nel complesso ammontano a circa 23,9 miliardi di euro annui. Una vera e propria industria che noi contribuenti sosteniamo con un costo annuo di 772 euro pro capite.
Per i dettagli leggete l'articolo de "Il Fatto Quotidiano"
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/03/dai-consulenti-ai-portaborse-piu-di-milione-di-persone-vivono-di-politica/763832/

sabato 2 novembre 2013

La lettera con cui nel 2007 Enrico Letta rispose al nostro appello su Università e Ricerca

Più soldi solo a chi fa ricerca, di Enrico Letta, "Europa", 29 settembre 2007
La ricerca è la fonte dello sviluppo economico e sociale di un paese. Non si tratta di un luogo comune: senza ricerca non c’è futuro per le economie Avanzate. E un partito realmente nuovo, quale il Pd ha l’ambizione di essere, non può che conferirle un rilievo prioritario nella sua carta fondativa. In particolare se crediamo – come sto ripetendo in queste settimane di campagna per le primarie – che la costruzione del futuro debba rappresentare il punto di partenza e, al tempo stesso, il nerbo della proposta politica del Partito democratico. Difendere e rilanciare la ricerca in Italia significa preparare il terreno per un futuro migliore, per noi stessi e per i nostri figli. Per questo il grido di allarme lanciato ai candidati alla segreteria del Pd da una parte importante del mondo della ricerca italiana, e pubblicato martedì scorso da Europa, merita attenzione nell’analisi e cautela nella formulazione di eventuali soluzioni. Soprattutto perché, se prevalesse ancora una volta la delusione, perderemmo, forse definitivamente, la fiducia di un pezzo irrinunciabile dell’intelligenza del paese.
Partiamo da alcune evidenze. Da oltre un decennio il sistema della ricerca paga lo scotto di un quadro della finanza pubblica deteriorato, che, schiacciato sotto il peso di un enorme debito, continua a penalizzare gli investimenti in settori chiave per la nostra economia.Non solo la ricerca, ma anche l’innovazione tecnologica, le grandi infrastrutture, le energie rinnovabili. Negli ultimi anni a questa oggettiva criticità si sono accompagnati i contraccolpi di una concorrenza mondiale durissima, proveniente soprattutto dai paesi emergenti. In un simile contesto, in assenza di una risposta di sistema, dietro l’angolo potrebbe esserci l’ennesima emorragia di eccellenti ricercatori. Il tutto a discapito evidentemente di quella valorizzazione del capitale umano e della creatività che da anni invochiamo come un fattore chiave per recuperare slancio e competitività.
Il governo Prodi ha avviato alcune misure per rispondere alle istanze sempre più diffuse e autorevoli avanzate dal mondo della ricerca. Dal varo dell’Agenzia per la valutazione al piano di risanamento finanziario per le università concordato tra il ministro Mussi e il ministro Padoa-Schioppa. Fino all’apertura, recentissima, del bando Prin. Molto ancora c’è da fare, lo sappiamo. In particolare, è fondamentale dare risposte tangibili, con investimenti cospicui, per quanto riguarda il piano per i nuovi ricercatori e lo sblocco dei concorsi, con l’obiettivo di favorire l’immissione in ruolo di tanti giovani da anni in attesa della propria, legittima, opportunità. L’Agenzia di valutazione deve partire subito.
Il Cnr deve ritornare al suo ruolo di motore fondamentale della ricerca, governato, come accade in tutti i paesi europei, da scienziati di fama e non da manager.
Si tratta di obiettivi ambiziosi e di breve termine, possibili da raggiungere se intorno ad essi saremo in grado di convogliare l’attenzione e il consenso dell’intera maggioranza di governo. Esistono poi obiettivi più a lunga gittata, sui quali il Partito democratico, fin dalla sua costituzione, può pungolare insistentemente il dibattito. Contribuendo anzitutto a superare l’equivoco concettuale secondo cui le politiche per la ricerca sono settoriali, appannaggio esclusivo di un solo ministero. E ricordando a tutti che la fuga dei cervelli – riflesso e allo stesso tempo concausa dello stato in cui versa la ricerca italiana – rischia di trasformarsi in una sconfitta d’immagine per il nostro paese, nella dimostrazione della nostra incapacità di offrire occasioni di futuro alle nostre eccellenze. Premesso che è facile e quasi banale affermare che occorre garantire finanziamenti adeguati alla ricerca e non interromperne il flusso, come purtroppo negli ultimi anni è accaduto, vorrei esporre anche alcune idee forse un po’ eterodosse rispetto alle attese dei firmatari dell’appello, ma credo che, proprio perché l’ambizione del Pd è quella di disegnare il futuro del paese, sia opportuno misurarsi sulle questioni difficili.
Primo. Sono convinto che occorra separare i canali di finanziamento delle università in due parti: una proporzionale al numero degli studenti iscritti e con premialità per i servizi alla didattica migliori; l’altra rigorosamente proporzionale alla ricerca. Secondo. Credo che anche una ricerca che possa diventare attività imprenditoriale debba essere incentivata: corsi di dottorato con un corpo docenti internazionale, tenuti in inglese, con l’obiettivo non necessariamente di preparare alla carriera accademica, ma magari di inserire uomini e progetti innovativi nell’industria e, perché no?, nell’alta amministrazione pubblica.
In conclusione, su questi temi è necessario ragionare senza pregiudizi e a tutto campo, e che la valorizzazione dei cervelli e della ricerca scientifica non è solo questione di soldi (come, del resto, i firmatari dell’appello sanno benissimo).

Caro Letta, ASN e VQR stanno stravolgendo la valutazione di università e ricerca: era questo che lei auspicava nel 2007?

Nell'ormai lontano 2007, fui promotore di un appello firmato da centinaia di ricercatori italiani, indirizzato agli aspiranti alla segreteria dell'allora neo-PD, che alla politica chiedevano attenzione e programmazione per università e ricerca. All'appello, tra gli altri, Enrico Letta rispose con prontezza ed entusiasmo (vedi post precedente).
Il nostro appello conteneva quello che Letta giustamente definì un "grido di allarme lanciato da una parte importante del mondo della ricerca italiana". Sono passati sei anni e oggi quel grido si è ormai trasformato nel flebile rantolo di chi sta per soccombere.
Infatti, al contrario dei suoi auspici di allora, la delusione e lo sconforto hanno avuto la meglio. Basti pensare che i fondi pubblici per la ricerca hanno toccato il fondo, mi permetta il gioco di parole: il governo Monti all'ultimo bando Prin 2012 ha destinato 38 milioni di euro, una scandalosa elemosina rispetto ai circa 100 milioni del 2010-2011 e ai ben 120 milioni del 2003! Nulla è stato fatto in seguito per porre rimedio a questo vero e proprio insulto, nulla è stato fatto per aumentare il budget e portarlo ad una cifra che fosse almeno adeguata. In conseguenza, si è prodotta una competizione aberrante, dove anche l'osso del contendere veniva a mancare: solo pochi fortunati si sono salvati, per spartirsi alla fine delle misere briciole. A questo si sommano gli effetti devastanti dei tagli voluti anni prima da Tremonti et al che hanno ridotto progressivamente e drasticamente gli FFO degli Atenei.
Nel 2007, Letta si augurava la nascita dell'Anvur, a suo tempo pensata da Mussi e Modica. Nel 2013, abbiamo sotto gli occhi i risultati dell'Anvur in versione Gelmini & co: un sistema bibliometrico automatico, sia per le abilitazioni scientifiche nazionali (ASN), che per la recente VQR 2004-2010, che fa un uso improprio e aberrante della valutazione (http://www.roars.it/online/no-alla-bibliometria-per-valutare-universita-e-ricerca/).
Un sistema che tende a premiare la quantità a scapito della qualità e che in virtù di questo rischia di produrre giudizi falsati e di invertire i valori in campo. Un sistema volto a confezionare valutazioni guidate, favorevoli soprattutto ai gruppi di potere politico-accademico. Un sistema che all’estero, nei paesi dove l'etica della valutazione è il classico fiore all'occhiello, appare chiaramente inattendibile, se non addirittura risibile; tant’è vero che molti colleghi in USA e in Europa sono rimasti a bocca aperta, quando ne sono venuti a conoscenza.
Proviamo a fare qualche riflessione più approfondita sui risultati della recente VQR 2004-2010, in base ai quali verranno assegnati i fondi alle università e agli enti di ricerca. Chi conosce la ricerca scientifica perché ne è artefice, sa bene che per valutare adeguatamente il lavoro di una struttura dipartimentale o di un ente è necessario e imprescindibile esaminare complessivamente i prodotti di quelle strutture e non solo una piccola parte che non è rappresentativa del totale, come è accaduto in questo caso. Le porto un semplice esempio: il ricercatore Giovanni, su una produzione totale di 30 articoli, ne ha 28 di buono-ottimo livello, ma la VRQ gli impone di presentarne solo 3. Il ricercatore Nando, invece, su una produzione totale di 35 articoli, ne ha solo 3 di livello paragonabile ai migliori presentati da Giovanni, ma gli basteranno. Il sistema della VQR 2004-2010 darà la stessa valutazione a Giovanni e Nando, perché entrambi risultano avere 3 lavori di stesso livello qualitativo, a prescindere dal resto della loro produzione!! Usando un paragone di basso livello, è come se per decidere l'esito di un campionato di calcio si considerassero solo i risultati delle 3 migliori partite di una squadra e non quelli di tutte le partite svolte nel corso dell'intera competizione.
Sarebbero sufficienti anche solo questi presupposti per capire che un siffatto metodo non può essere minimamente rappresentativo del lavoro prodotto da una struttura di ricerca. Forse solo l'Anvur ed il nucleo di valutazione non se ne sono accorti.....In confronto la passata valutazione condotta dal CIVR era un prodotto sopraffino!!!
Ma c'è dell'altro: i punteggi assegnati agli articoli (1, 0.8, 0.5) nella maggioranza dei casi, non sono il risultato di valutazioni oggettive, ma di una normalizzazione dell'Impact Factor (IF) degli articoli stessi rispetto a quello medio della categoria della rivista su cui sono stati pubblicati. E anche questa normalizzazione può produrre grosse anomalie: può capitare che un articolo con basso IF possa ottenere la valutazione massima di 1, perché l'IF medio della sua categoria è molto basso. Ne risulta che lavori pubblicati su riviste mediocri potranno essere valutati meglio di quelli pubblicati su riviste di ottimo livello. Insomma, in generale una VQR condotta secondo tali parametri produce dei risultati falsati e non fa altro che appiattire le differenze o, anche peggio, invertire i valori in campo.
Immaginiamo che in questi anni il punto di vista dell'Onorevole Letta sulla necessità di finanziare in modo adeguato la buona ricerca e di riconoscere il merito non sia cambiato. Sono quelli attuali i risultati che Letta si auspicava 7 anni fa, quando rispose al nostro grido di dolore? Quali misure con ripercussioni positive a breve termine, il suo governo ha attuato, o sta attuando per cambiare rotta, per rimediare a questo scempio?
E 'chiaro che servono fondi pubblici cospicui per finanziare la ricerca e per sbloccare il turn over, allo scopo di ripristinare un livello fisiologico di reclutamento e progressione delle carriere. Ma ciò servirebbe a poco se per identificare il merito e per assegnare le risorse si continuassero ad usare i criteri nostrani e automatici dell'Anvur. E' quindi necessario ripensare al sistema dell'Anvur, per arrivare ad una valutazione seria e non estemporanea dei ricercatori e della ricerca, una valutazione condotta con sistemi equiparati a quelli riconosciuti a livello internazionale, basata su qualità, etica e responsabilità. Con buona pace dell’Anvur e dei suoi fallaci metodi.