giovedì 18 dicembre 2008

Le assurde dichiarazioni di Vincenzo Cerami

Da Repubblica.it

La ministra Gelmini, piuttosto che premiare i docenti che pubblicano in fantasmatiche case editrici il risultato delle loro ricerche, dovrebbe dare consistente valore alla didattica, che ad oggi non costituisce alcun punteggio nell'ambito della carriera universitaria". E aggiunge: "Gli studenti pagano l'onerosa retta per essere istruiti e non per il curriculum di presunta scientificità dei professori. Ella deve sapere che nel quasi cento per cento dei casi si tratta di pubblicazioni inutili, pretestuose e improvvisate a mero scopo carri eristico. Temiamo che questo governo voglia dare l'impressione di cambiare molto senza, in realtà, cambiare niente".


Sinceramente speravo che le dichiarazioni di Cerami fossero state travisate, ma visto che non c'è stata alcuna smentita temo siano vere!

In primo luogo è falso che la didattica non abbia peso; noi tutti (ricercatori, associati e ordinari) dobbiamo rendere conto solo delle “famose” 365 ore di didattica (per il tempo pieno), la ricerca non viene affatto considerata tra i compiti dovuti (a parte la farsa della conferma in ruolo), è un’attività quasi opzionale, tant’è vero che noi tutti potremmo da domani decidere di fare solo didattica e nessuno verrebbe a dirci nulla.

In secondo luogo, sebbene sia vero che in certe Facoltà esistono riviste e case editrici fatte in casa, vedi l’esempio di Med Secoli rivista ad IF zero del Museo della Storia della Medicina della Sapienza dove pubblica la professoressa Luciana Angeletti, direttrice di quel Museo e moglie di Luigi Frati, l’affermazione di Cerami è un insulto a tanta gente seria che fa ricerca a livello buono, ottimo o eccellente. Possibile che il ministro ombra Cerami ignori che per molti docenti e ricercatori la pubblicazione su riviste internazionali vere, e non fantasma, è un momento fondamentale, il coronamento del proprio lavoro? Se Cerami voleva uscire dall’ombra, scusate il gioco di parole, c’è riuscito.

sabato 6 dicembre 2008

Misteri del Prin 2008: il bando pubblicato venerdì è svanito dal sito del Miur!

Venerdì 5 dicembre sul sito del Miur è apparso con grave ritardo il tanto agognato bando Prin 2008, ma nel pomeriggio è poi stranamente svanito. Se oggi andate su Google e cercate Prin 2008 tra i vari risultati compare il seguente:

"MIUR - Ricerca Scientifica e Tecnologica Decreto Ministeriale 4 dicembre 2008 prot. n. 1407/Ric/2008. Bando PRIN 2008 .... c) la quota richiesta al Ministero nell'ambito del programma PRIN 2008. ...
www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/7427Bando__cf3.htm - 30k - Copia cache - Pagine simili

Cliccando però si apre una pagina che avverte: "The page cannot be found"! Che fine ha fatto il bando? Perché è stato rimosso? Il Ministero aveva inserito una versione “primitiva” del bando o sono arrivati ordini dall’alto per cancellare o inserire qualcosa che non piaceva????

Sarebbe lecito attendersi una spiegazione dal Ministro.

giovedì 4 dicembre 2008

Siamo sicuri che non si possa davvero fare a meno dei concorsi?

Inserisco in questo post la risposta del collega Marco Vannini al mio intervento sui concorsi

Nel mio gruppo siamo tutti superesperti di comportamento di gnomi e folletti (Poltergeisterlogia). Siamo un gruppo forte ed internazionalmente riconosciuto.

Il sottoscritto, addirittura il fondatore di tale disciplina per tanti aspetti innovativa e rivoulzionaria, va in pensione e chi di dovere decide che la materia é importante, che la tradizione di studio deve proseguire e che che si deve ribandire un posto di Poltergeisterlogia (nonostante le proteste degli esperti di Metempsicosi).

Un paio di candidati esistono in Italia, giovani ma più che degni. La Poltergeisterlogia appartiene però allo stesso raggruppamento disciplinare della Ufologia, materia di più antica tradizione con centinaia di ricercatori impegnati, di cui un paio hanno pubblicato persino su Martian Science (IF = 121).

Si svolge un concorso con tecniche blind, referees anonimi ecc. ed vince il bravissimo Ufologo di Lecce che alla fine arriva a Firenze in un contesto di ostilità, e soprattutto senza tutti gli strumenti necessari per portare avanti il suo lavoro (soprattutto palle di vetro e costosissimi canocchiali telepatici).

Inizio della fine della rivoluzionaria Poltergeisterlogia e trionfo della tradizionale ed un po' datata Ufologia. Se il dipartimento di Metapsichica di Firenze avesse potuto cooptare liberamente chi voleva, forse i risultati sarebbero stati opposti.


Marco Vannini
Full Professor of Invertebrate Zoology
Dip. Biologia Evoluzionistica dell'Università di Firenze

Vogliamo veramente abolire i concorsi? Di Patrizio Dimitri

Sappiamo bene che il problema dei concorsi non è un tanto quello dei meccanismi, che negli anni sono cambiati, quanto delle persone, ovvero quelle che li hanno “controllati” fino ad oggi (fatte salve le eccezioni), la parte dell’accademia dedita agli inciuci e fortemente legata al potere politico. Ecco perché le ridicole “novità” del DL 180 non cambieranno nulla, malgrado quello che sostiene il collega Francesco Giavazzi della Bocconi, nobile alter-ego della Gelmini.

Allo stato attuale, l’abolizione dei concorsi con chiamata diretta da parte di Facoltà o Dipartimenti a mio parere non è praticabile; si favorirebbe la proliferazione di ulteriori mostruosità partorite dal delirio di onnipotenza dei soliti noti e dei loro fidi scudieri. Considerando lo scarso tasso etico e l’incapacità di praticare autocontrollo e responsabilità di una buona fetta dell’Università italiana (che rispecchia la situazione generale del paese), in molti settori si arriverebbe al puro “farwest”, dove spadroneggerebbero i soliti “pistoleros”.

Secondo me i concorsi dovrebbero tornare ad essere nazionali e “vigilati” da commissioni composte da una massiccia componente di esperti stranieri, non perchè più bravi o più belli, ma solo in quanto più indipendenti e avulsi dalle lobbies politico-accademiche. Si potrebbe produrre una lista di idonei nazionali dalla quale gli Atenei potrebbero pescare i candidati. Successivamente l'attività didattica e scientifica del "prescelto" dovrebbe essere soggetta a valutazione ex-post seria e non finta come accade oggi con la farsa della conferma in ruolo. Nessuno dovrebbe offendersi o sentirsi sminuito per questo; chi ha agito in modo virtuoso finora, continuerà a farlo. Come ho già scritto anche al collega Claudio Procesi, penso che solo dopo un decennio di tale pratica, si potrebbe formare una nuova generazione accademica, in media eticamente e scientificamente migliore della precedente e finalmente passare alla chiamata diretta da parte degli Atenei, con finanziamenti legati alla valutazione dei risultati, utilizzando criteri internazionalmente riconosciuti e anche panel stranieri.

DL 180: molto rumore per nulla.

Dopo la legge 133, ecco il DL 180 sull’università pubblica. Con una raffica di articoli sul Corriere della Sera, Francesco Giavazzi della Bocconi è stato principale artefice e palese “suggeritore” del decreto al Ministro Gelmini.

Primo effetto del DL 180 è stato il blocco di concorsi già avviati per ordinari, associati e ricercatori. C’è poi il ritorno all’estrazione a sorte; per le commissioni dei concorsi di ordinario e associato saranno sorteggiati 4 ordinari da una rosa di 12 eletti per votazione. Nel reclutamento dei ricercatori, invece, è stata eliminata la prova scritta; una commissione di soli ordinari (sempre estratti a sorte) valuterà i candidati in base alla discussione di titoli e pubblicazioni. Tutti i concorsi saranno, così, affidati ai soli ordinari, perchè Giavazzi & co. pensano che associati e ricercatori siano solo comparse ricattabili (leggi il post sottostante con l'intervento di Giavazzi).

Secondo Giavazzi queste norme rappresentano una svolta epocale che scombinerà giochi già fatti e demolirà il sistema malato dei concorsi. Ammesso e non concesso che tutti gli ordinari siano potenziali ricattatori e che associati e ricercatori siano tutti ricattabili, affidare il potere decisionale proprio ai ricattatori, sostenendo di aumentare così il tasso etico delle commissioni, è una presa per i fondelli, un cocktail di logica aberrante e malafede: chi se lo beve? Le “novita” del DL 180 causeranno al massimo un lieve solletico alle lobbies politico-accademiche. I concorsi potrebbero migliorare solo tornando a essere nazionali e “vigilati” da esperti stranieri avulsi da trame caserecce.

Sul fronte turnover, gli Ateni “virtuosi” avranno risorse per riassorbire il 50% dei pensionamenti e non più il 20%. Sorprende che la “virtù” sarà definita più dai bilanci che da didattica e ricerca. Sarebbe più sensato attibure le risorse direttamente a Facoltà e Dipartimenti, previa valutazione basata su criteri internazionalmente riconosciuti e non nostrani. Purtroppo, il decreto “mordi e fuggi” per ora ha poco impatto sugli obiettivi dichiarati: molto rumore per nulla.

Infine, se le misure che prevedono gli scatti stipendiali e la distribuzione dei fondi in base alla produttività scientifica verranno attuate seriamente ne saremo lieti, ma sono previste solo a partire dal 2011: chi vivrà vedrà!

L'inizio della fine dei concorsi, di Francesco Giavazzi

Pubblico un articolo del collega Giavazzi della Bocconi, uno dei principali artefici del DL 180, ovviamente entusiasta delle "novità" introdotte.

La vera novità del decreto 180 è che per la prima volta in Italia una quota significativa delle risorse viene attribuita alle università in funzione della valutazione dei loro risultati. Intanto, nei concorsi per ricercatore sono state eliminate le prove d'esame, un assurdo privo di paralleli internazionali e spesso cavallo di Troia per operazioni poco limpide. E a giudicare saranno solo professori ordinari. Con il Dl si sono fatti passi da gigante verso la fine dei concorsi, anche grazie alla pioggia di critiche che lo ha accompagnato.nSorprende che con rarissime eccezioni, una è l’articolo di Daniele Checchi su lavoce.info, i commenti al recente decreto 180 sull’università si siano concentrati quasi solo sulle nuove regole relative a questa tornata di concorsi.

NOVITÀ NEI FINANZIAMENTI

Sorprende per due motivi. Innanzitutto, la vera novità contenuta nel decreto legge non sono le norme dei concorsi, che se non altro avranno il merito di far saltare una volta per sempre un sistema che da cinquanta anni tutti criticano. Bensì il fatto che per la prima volta in Italia una quota significativa delle risorse (7 per cento, e nelle Linee guida del ministro Gelmini è scritto che si salirà in tempi ragionevolmente rapidi al 30 per cento) venga attribuita alle università in funzione della valutazione dei loro risultati.

Questa è la vera novità. Perché di valutazione tutti parlano volentieri fino a quando non un centesimo dei fondi trasferiti dallo Stato dipende dai risultati, in primis quelli nella ricerca, e si può continuare tranquilli con bilanci basati sulla spesa storica, sul numero degli studenti, magari quelli attratti a frotte inventando corsi fantasiosi o offrendo sconti generosi sul numero di crediti necessari per laurearsi. Non appena si cominceranno a usare le classifiche del Civr, come lavoce.info chiede da mesi, e le università si accorgeranno quanto costa assumere somari, i concorsi non serviranno più.

E poi, se il precedente sistema di concorsi, che ora tutti criticano sostenendo che il Dl non migliora alcunché o addirittura è troppo timido, era così pessimo, perché nei dieci mesi trascorsi dal giorno in cui il ministro Mussi varò questa tornata nessuno ha mai detto niente? Buoni, buoni, zitti, zitti.

Il sistema dei concorsi si è ormai avvitato su se stesso. In cinquant’anni le abbiamo provate tutte: sorteggio puro; elezione seguita da sorteggio; sorteggio seguito da elezione; concorsi nazionali; concorsi locali. Rassegnati o felici a seconda dei casi, è giunto il momento di ripensare come le università italiane scelgono i propri docenti, magari con un po’ di concretezza in più e un po’ di ipocrisia in meno. Non è giocherellando con elezioni triple o doppie che si fanno passi avanti.

Le modifiche introdotte dal Dl 180 vanno prese per quello che sono: un tentativo, strettamente una tantum, di sparigliare giochi già fatti prima ancora che i posti venissero deliberati dalle facoltà e i candidati facessero domanda. Certo, sarebbe stato meglio, e anche più equo, riaprire i bandi, permettere ad altri candidati di partecipare, eliminare l’ignominia delle doppie idoneità. In un paese in cui l’ultima parola l’hanno i Tar è molto probabile che si sarebbe creato un contenzioso infinito.

Lasciar correre come se niente fosse, magari mentre si scriveva l’ennesima riforma illuminata che entrerà in vigore l’an del mai, avrebbe consentito a molti di poter concludere: “Anche questa volta ce l’abbiamo fatta, abbiamo portato a casa 6mila posti. Lascia che progettino nuove regole, tanto alla prossima tornata di concorsi questo ministro non ci sarà più”. È questo che si voleva?

Si dice che qualche candidato eccellente, per il quale era stata accuratamente organizzata una commissione altrettanto eccellente, ora rischia di non passare. Innanzitutto, se è davvero eccellente, forse vincerà ugualmente. E poi, non ribolle il sangue quando, per promuovere un ricercatore eccellente, si deve chiudere gli occhi su cento nefandezze?


NOVITÀ NEI CONCORSI

Il decreto legge ha introdotto due novità importanti, per ora in via sperimentale, che si spera verranno mantenute anche nel nuovo assetto a regime. Nei concorsi per ricercatore sono state eliminate le prove d’esame, un assurdo privo di paralleli internazionali, e spesso il cavallo di Troia per operazioni poco limpide. D’ora in poi verranno valutati solo i titoli: tesi di dottorato e pubblicazioni, così come si fa nel resto del mondo. Nessuna legge può impedire di fare senatore il proprio cavallo, ma almeno bisognerà mettere nero su bianco (e su internet) che il cavallo medesimo ha scritto opere eccelse.

In tutti i concorsi giudicheranno solo i professori ordinari, non certo per premiare i “baroni”, ma per evitare l’umiliante messa in scena con cui a ogni concorso si doveva andare in cerca di associati o ricercatori disposti a una comparsata che presentava evidenti segni di conflitto d’interesse, visto che nel mondo chiuso dei settori disciplinari, le loro sorti future dipendono proprio dagli stessi ordinari che organizzano i concorsi. Meglio che questi ultimi si prendano le loro responsabilità. Il tentativo di rimettere in discussione la norma è già in atto al Senato: si può solo sperare che il governo non ceda. Notate: non sono gli associati a voler entrare nelle commissioni, sono gli ordinari che li vogliono a tutti i costi.

Se ci sono problemi aritmetici nella soluzione prospettata dal Dl, problemi che sono in ogni caso dovuti all’assurdità di avere 370 settori disciplinari, molti dei quali minuscoli, si potrà porvi rimedio in sede di conversione del decreto. In sostanza occorre prevedere che ove il numero di docenti eleggibili è insufficiente, vi sia un sorteggio puro. Analogamente, sarà opportuno riconsiderare l’estensione delle regole dei concorsi per ricercatori a tempo indeterminato a quelli per ricercatori a tempo determinato per i quali conviene mantenere, almeno in alcune sedi, maggiore autonomia.

“The cumbersome concorso system does not need such tinkering, it needs to be abandoned”scrive un articolo di Nature che in questi giorni fa il giro delle nostre e-mail. Bene: io penso che con questo Dl abbiamo fatto passi da gigante verso la fine dei concorsi, anche grazie alla pioggia di critiche che lo ha accompagnato.

(da lavoce.info)

Lettera aperta al Ministro Gelmini

All'indirizzo http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/lettera.html potrete leggere la lettera aperta, scritta dal prof. Claudio Procesi, Vicepresidente della International Mathematical Union in collaborazone con i professori Enrico Arbarello, Maurizio Cornalba, Kieran O'Grady ed i numerosi suggerimenti dei firmatari, sottoscritta da 451 ricercatori e docenti universitari.

Scrive il collega Procesi: La discussione seguita alla lettera ha portato alla nascita di un blog "Università e Ricerca" costruito da un gruppo di accademici http://blog.libero.it/uniproposte/nel quale si stà sviluppando una discussione serena e costruttiva. La speranza è di produrre un dibattito ampio e dei documenti finalizzati ad una profonda riforma dell'Università che desideriamo presentare pubblicamente all'Accademia dei Lincei. Altri colleghi e soci dell'Accademia si stanno già mobilitando perche' questo avvenga in tempi rapidi.