giovedì 4 dicembre 2008

Vogliamo veramente abolire i concorsi? Di Patrizio Dimitri

Sappiamo bene che il problema dei concorsi non è un tanto quello dei meccanismi, che negli anni sono cambiati, quanto delle persone, ovvero quelle che li hanno “controllati” fino ad oggi (fatte salve le eccezioni), la parte dell’accademia dedita agli inciuci e fortemente legata al potere politico. Ecco perché le ridicole “novità” del DL 180 non cambieranno nulla, malgrado quello che sostiene il collega Francesco Giavazzi della Bocconi, nobile alter-ego della Gelmini.

Allo stato attuale, l’abolizione dei concorsi con chiamata diretta da parte di Facoltà o Dipartimenti a mio parere non è praticabile; si favorirebbe la proliferazione di ulteriori mostruosità partorite dal delirio di onnipotenza dei soliti noti e dei loro fidi scudieri. Considerando lo scarso tasso etico e l’incapacità di praticare autocontrollo e responsabilità di una buona fetta dell’Università italiana (che rispecchia la situazione generale del paese), in molti settori si arriverebbe al puro “farwest”, dove spadroneggerebbero i soliti “pistoleros”.

Secondo me i concorsi dovrebbero tornare ad essere nazionali e “vigilati” da commissioni composte da una massiccia componente di esperti stranieri, non perchè più bravi o più belli, ma solo in quanto più indipendenti e avulsi dalle lobbies politico-accademiche. Si potrebbe produrre una lista di idonei nazionali dalla quale gli Atenei potrebbero pescare i candidati. Successivamente l'attività didattica e scientifica del "prescelto" dovrebbe essere soggetta a valutazione ex-post seria e non finta come accade oggi con la farsa della conferma in ruolo. Nessuno dovrebbe offendersi o sentirsi sminuito per questo; chi ha agito in modo virtuoso finora, continuerà a farlo. Come ho già scritto anche al collega Claudio Procesi, penso che solo dopo un decennio di tale pratica, si potrebbe formare una nuova generazione accademica, in media eticamente e scientificamente migliore della precedente e finalmente passare alla chiamata diretta da parte degli Atenei, con finanziamenti legati alla valutazione dei risultati, utilizzando criteri internazionalmente riconosciuti e anche panel stranieri.

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