giovedì 4 dicembre 2008

L'inizio della fine dei concorsi, di Francesco Giavazzi

Pubblico un articolo del collega Giavazzi della Bocconi, uno dei principali artefici del DL 180, ovviamente entusiasta delle "novità" introdotte.

La vera novità del decreto 180 è che per la prima volta in Italia una quota significativa delle risorse viene attribuita alle università in funzione della valutazione dei loro risultati. Intanto, nei concorsi per ricercatore sono state eliminate le prove d'esame, un assurdo privo di paralleli internazionali e spesso cavallo di Troia per operazioni poco limpide. E a giudicare saranno solo professori ordinari. Con il Dl si sono fatti passi da gigante verso la fine dei concorsi, anche grazie alla pioggia di critiche che lo ha accompagnato.nSorprende che con rarissime eccezioni, una è l’articolo di Daniele Checchi su lavoce.info, i commenti al recente decreto 180 sull’università si siano concentrati quasi solo sulle nuove regole relative a questa tornata di concorsi.

NOVITÀ NEI FINANZIAMENTI

Sorprende per due motivi. Innanzitutto, la vera novità contenuta nel decreto legge non sono le norme dei concorsi, che se non altro avranno il merito di far saltare una volta per sempre un sistema che da cinquanta anni tutti criticano. Bensì il fatto che per la prima volta in Italia una quota significativa delle risorse (7 per cento, e nelle Linee guida del ministro Gelmini è scritto che si salirà in tempi ragionevolmente rapidi al 30 per cento) venga attribuita alle università in funzione della valutazione dei loro risultati.

Questa è la vera novità. Perché di valutazione tutti parlano volentieri fino a quando non un centesimo dei fondi trasferiti dallo Stato dipende dai risultati, in primis quelli nella ricerca, e si può continuare tranquilli con bilanci basati sulla spesa storica, sul numero degli studenti, magari quelli attratti a frotte inventando corsi fantasiosi o offrendo sconti generosi sul numero di crediti necessari per laurearsi. Non appena si cominceranno a usare le classifiche del Civr, come lavoce.info chiede da mesi, e le università si accorgeranno quanto costa assumere somari, i concorsi non serviranno più.

E poi, se il precedente sistema di concorsi, che ora tutti criticano sostenendo che il Dl non migliora alcunché o addirittura è troppo timido, era così pessimo, perché nei dieci mesi trascorsi dal giorno in cui il ministro Mussi varò questa tornata nessuno ha mai detto niente? Buoni, buoni, zitti, zitti.

Il sistema dei concorsi si è ormai avvitato su se stesso. In cinquant’anni le abbiamo provate tutte: sorteggio puro; elezione seguita da sorteggio; sorteggio seguito da elezione; concorsi nazionali; concorsi locali. Rassegnati o felici a seconda dei casi, è giunto il momento di ripensare come le università italiane scelgono i propri docenti, magari con un po’ di concretezza in più e un po’ di ipocrisia in meno. Non è giocherellando con elezioni triple o doppie che si fanno passi avanti.

Le modifiche introdotte dal Dl 180 vanno prese per quello che sono: un tentativo, strettamente una tantum, di sparigliare giochi già fatti prima ancora che i posti venissero deliberati dalle facoltà e i candidati facessero domanda. Certo, sarebbe stato meglio, e anche più equo, riaprire i bandi, permettere ad altri candidati di partecipare, eliminare l’ignominia delle doppie idoneità. In un paese in cui l’ultima parola l’hanno i Tar è molto probabile che si sarebbe creato un contenzioso infinito.

Lasciar correre come se niente fosse, magari mentre si scriveva l’ennesima riforma illuminata che entrerà in vigore l’an del mai, avrebbe consentito a molti di poter concludere: “Anche questa volta ce l’abbiamo fatta, abbiamo portato a casa 6mila posti. Lascia che progettino nuove regole, tanto alla prossima tornata di concorsi questo ministro non ci sarà più”. È questo che si voleva?

Si dice che qualche candidato eccellente, per il quale era stata accuratamente organizzata una commissione altrettanto eccellente, ora rischia di non passare. Innanzitutto, se è davvero eccellente, forse vincerà ugualmente. E poi, non ribolle il sangue quando, per promuovere un ricercatore eccellente, si deve chiudere gli occhi su cento nefandezze?


NOVITÀ NEI CONCORSI

Il decreto legge ha introdotto due novità importanti, per ora in via sperimentale, che si spera verranno mantenute anche nel nuovo assetto a regime. Nei concorsi per ricercatore sono state eliminate le prove d’esame, un assurdo privo di paralleli internazionali, e spesso il cavallo di Troia per operazioni poco limpide. D’ora in poi verranno valutati solo i titoli: tesi di dottorato e pubblicazioni, così come si fa nel resto del mondo. Nessuna legge può impedire di fare senatore il proprio cavallo, ma almeno bisognerà mettere nero su bianco (e su internet) che il cavallo medesimo ha scritto opere eccelse.

In tutti i concorsi giudicheranno solo i professori ordinari, non certo per premiare i “baroni”, ma per evitare l’umiliante messa in scena con cui a ogni concorso si doveva andare in cerca di associati o ricercatori disposti a una comparsata che presentava evidenti segni di conflitto d’interesse, visto che nel mondo chiuso dei settori disciplinari, le loro sorti future dipendono proprio dagli stessi ordinari che organizzano i concorsi. Meglio che questi ultimi si prendano le loro responsabilità. Il tentativo di rimettere in discussione la norma è già in atto al Senato: si può solo sperare che il governo non ceda. Notate: non sono gli associati a voler entrare nelle commissioni, sono gli ordinari che li vogliono a tutti i costi.

Se ci sono problemi aritmetici nella soluzione prospettata dal Dl, problemi che sono in ogni caso dovuti all’assurdità di avere 370 settori disciplinari, molti dei quali minuscoli, si potrà porvi rimedio in sede di conversione del decreto. In sostanza occorre prevedere che ove il numero di docenti eleggibili è insufficiente, vi sia un sorteggio puro. Analogamente, sarà opportuno riconsiderare l’estensione delle regole dei concorsi per ricercatori a tempo indeterminato a quelli per ricercatori a tempo determinato per i quali conviene mantenere, almeno in alcune sedi, maggiore autonomia.

“The cumbersome concorso system does not need such tinkering, it needs to be abandoned”scrive un articolo di Nature che in questi giorni fa il giro delle nostre e-mail. Bene: io penso che con questo Dl abbiamo fatto passi da gigante verso la fine dei concorsi, anche grazie alla pioggia di critiche che lo ha accompagnato.

(da lavoce.info)

Nessun commento: