sabato 25 maggio 2013

Il villaggio dei dannati della ricerca (lettera aperta alla ministro Maria Chiara Carrozza)

Gentile Ministro Carrozza,
l’università e la ricerca pubbliche in Italia versano in condizioni disperate e come docente e ricercatore sento il bisogno di esprimerle la mia grande preoccupazione per una situazione che costituisce un’emergenza senza precedenti. I problemi da affontare sono molti e il suo compito è gravoso, ma a mio parere in questo momento esistono due principali priorità: i finanziamenti pubblici alla ricerca e il sistema di valutazione basato sui parametri dell’Agenzia nazionale di valutazione di università e ricerca (Anvur).
Anni fa Mario Capecchi, premio Nobel per la Biologia e Medicina, disse che «la ricerca scientifica è un elemento cardine dello sviluppo di un paese evoluto». Per questo, molti stati investono in ricerca pubblica ingenti porzioni del Pil, mentre in Italia le uniche misure attuate dagli ultimi governi hanno previsto solo tagli pesanti e indiscriminati, anche perché il pregiudizio ricorrente è che si spenda troppo per l’università e per una ricerca scientifica che non produce nulla. Niente di più falso, come dimostra una raffinata analisi di Giuseppe De Nicolao basata su dati Ocse . In particolare, a fronte di uno dei più bassi investimenti mondiali in rapporto al Pil, dal 1996 al 2010 l’Italia è per produzione scientifica all’ottavo posto nel mondo. Una specie di miracolo definito “italian paradox” sul sito del Cnrs.
Come era prevedibile, i tagli hanno avuto delle ricadute pesantissime. Sugli atenei, con il blocco del turnover, il calo delle assunzioni e nuovi aumenti delle tasse universitarie e anche sulla ricerca pubblica, con la quasi totale sparizione dei fondi ministeriali. Clamorosa la decurtazione di quelli destinati ai progetti di ricerca di interesse nazionale (Prin), istituiti nel 1996 dal governo Prodi, unica fonte di finanziamento per la ricerca pubblica. Per il bando del 2012, alle 14 aeree disciplinari il governo Monti ha destinato 38 milioni di euro, una miseria rispetto al passato (170 milioni di euro per il bando congiunto 2010-2011, 137 milioni nel 2004). Un insulto alla dignità e alla professionalità di migliaia di ricercatori che nei casi più fortunati, racimoleranno solo briciole. Al budget infimo dei Prin si sommano altre restrizioni da eliminare: il vincolo all’aggregazione dei ricercatori in base a fasce di età, che di fatto limita la libertà di ricerca e la preselezione dei progetti interna agli atenei, facilmente addomesticabile dai soliti noti. Nel complesso, questa situazione, lungi dal nuocere a fannulloni e nepotisti, penalizza le componenti più produttive e vitali degli Atenei e dei centri di ricerca.
Alla penuria di fondi si sommano i problemi causati dal nuovo sistema di reclutamento e progressione delle carriere basato sulle mediane degli indicatori bibliometrici (articoli pubblicati negli ultimi dieci anni, h-index e citazioni) stabiliti Anvur. È innegabile che la valutazione dell’attività scientifica di ricercatori e docenti rappresenta un requisito irrinunciabile, ma è rischioso affidarla a rigidi indicatori che a livello internazionale sono sconsigliati in quanto fallaci nel valutare autonomia scientifica, qualità e originalità. Gli indicatori, infatti, non entrano nel merito del contributo dei singoli negli articoli, che è invece fondamentale soprattutto nel settore scientifico (ad esempio in Biologia e Medicina) e viene espresso dall’ordine degli autori. E non tengono nemmeno conto del livello qualitativo delle riviste scientifiche dove sono pubblicati gli articoli stessi. Con questi criteri aberranti, ad esempio, 20 articoli su Annali italiani di chirurgia, varrebbero più di 10 articoli su Nature. Inoltre, le mediane degli indicatori mostrano forti oscillazioni tra macro-settori, anche di una stessa area e in certi casi per superarle è sufficiente una produzione scientifica appena mediocre, mentre in altri viene richiesto un curriculum da Nobel. Ma c’è di più: i settori con mediane più basse, quindi di livello minore, nel tempo potranno attrarre più candidati abilitati, crescendo (ma solo dal punto di vista quantitativo) a discapito dei settori più competitivi con mediane più alte, più difficili da essere superate. Un’eccezione potrebbe essere rappresentata da quei campi di indagine che fisiologicamente sono già più diffusi e dominanti.
Infine, ci sono le ricadute negative che l’utilizzo degli indicatori avrà soprattutto sui più giovani. D’ora in poi, nel “villaggio dei dannati della ricerca italiana” dottorandi, borsisti, assegnisti di ricerca e neo-ricercatori saranno impegnati nella spasmodica rincorsa al superamento delle mediane. Saranno spinti a pubblicare molto e molto fretta, scegliendo settori di indagine di moda che fruttano più citazioni di altri, privilegiando la quantità alla qualità, a discapito di autonomia, approfondimento, curiosità e originalità.
Non sarebbe stato meglio per tutti, se l’Anvur si fosse confrontata con la comunità scientifica per arrivare a delle scelte il più possibile condivise, invece di comportarsi come un’astronave aliena sbarcata sulla terra per soggiogare il genere umano?
L’utilizzo delle sconsiderate mediane potrà avere un impatto negativo anche sulla chiamata di chi è già idoneo. Infatti, la Sapienza di Roma ha attivato di una procedura per la chiamata degli idonei di prima fascia a cui sarà ammesso solo chi supera tutte e tre le mediane Anvur. Un provvedimento che viola le norme della recente riforma, secondo cui gli organi responsabili del reclutamento sono i Dipartimenti.
Gentile Ministro, è così che si intende premiare il merito e incentivare la ricerca nel nostro paese? Un tale sistema di valutazione, automatico e casereccio in molti casi premierà la quantità a scapito della qualità, producendo una meritocrazia alla rovescia. L’università e la ricerca in Italia hanno bisogno di una cura, ma questa non deve uccidere il paziente, come purtroppo sta accadendo, è urgente un cambio di strategia. Auspichiamo che tra i suoi primi interventi lei abbia la forza di mettere in atto misure efficaci che introducano un nuovo sistema di valutazione per l’assegnazione dei finanziamenti, per il reclutamento e la progressione delle carriere, basato su qualità, etica e responsabilità.
Se ciò non accadrà, se in Italia la classe politica e dirigente continuerà solo a sbandierare proclami elettorali e agende virtuali, se l’istruzione e la ricerca pubbliche verranno fatte morire, il decadimento del nostro paese sarà sempre più veloce e la melma del sottosviluppo morale, culturale e economico ci sommegerà definitamente.
Patrizio Dimitri, Professore associato di Genetica Dipartimento di Biologia e Biotecnologie "Charles Darwin", Università La Sapienza
Pubblicato su Europa, 13 MAGGIO 2013 http://www.europaquotidiano.it/2013/05/13/il-villaggio-dei-dannati-della-ricerca-in-italia-lettera-aperta-al-ministro-carrozza/

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