sabato 5 luglio 2008

Tremonti prende ai poveri per dare ai ricchi

Mariastella Gelmini, Ministro di istruzione, università e ricerca, ha recentemente dichiarato che la distribuzione dei fondi alla ricerca e in parte anche la retribuzione dei ricercatori saranno basate sui risultati e quindi bisognerà adottare criteri di valutazione riconosciuti a livello internazionale. Bene, ma nel frattempo “Robin Hood” Tremonti, ministro dell'Economia e delle Finanze, scocca dal suo arco un decreto che contiene numerosi tagli indiscriminati che affosseranno definitivamente l’Università e la ricerca pubblica: scatti stipendiali degli universitari da biennali a triennali a parità d’importo; taglio del fondo di finanziamento ordinario (il denaro per stipendi e funzionamento degli Atenei); limitazione di assunzioni e concorsi; possibilità per le Università di diventare fondazioni di diritto privato, col rischio di devolvere patrimonio pubblico ai privati. Come se non bastasse, l’esito della valutazione dei progetti di ricerca di interesse nazionale (Prin), una delle poche fonti di finanziamento pubblico per la ricerca di base, è congelato perché Tremonti ancora non sa dirci se ci sarà la copertura finanziaria.

Cara Gelmini, il suo collega dell’economia fa esattamente il contrario del prode Robin Hood, prende ai poveri per dare ai ricchi. Infatti, da una parte impone i tagli indiscriminati dei fondi destinati agli Atenei e alla ricerca pubblica per ottenerne lo smantellamento e dall’altra elargisce finanziamenti privilegiati e generosi ai cosiddetti “centri d’eccellenza” privati, alcuni già ben foraggiati dal ministero dell’Economia e delle Finanze. Ad esempio, l'IIT (Istituto Italiano di Tecnologia) di Genova, avrà ulteriori denari derivati dalle “dotazioni patrimoniali" della Fondazione IRI e sarà depositario esclusivo dei progetti di ricerca di eccellenza, non si sa bene in virtù di quali meriti. Perché tanta benevolenza nei confronti dell’IIT? Guarda caso l’IIT è stato istituito da Tremonti stesso nel precedente governo Berlusconi ed è presieduto dal direttore generale del Ministero dell'Economia e delle Finanze. Si tratta di un ennesimo caso di conflitto d’interessi e di un sistema di finanziamento agevolato e ad personam della ricerca privata, per giunta parallelo a quello del Miur. Cara Gelmini, c’è poco da stare allegri.

Patrizio Dimitri

2 commenti:

Bobo ha detto...

Sono d'accordo con quanto scrivi.
leggi qui la mia denuncia:
http://occhichesannoguardare.myblog.it/archive/2008/06/26/il-governo-assesta-un-colpo-mortale-al-sistema-universitario.html

Anonimo ha detto...

"BUON ANNO A TUTTI... meno che a uno, anzi mezzo"!

Come sarà il 2009? Non c’è nessuno - ma per chi ci crede ci sono i soliti oroscopi - che abbia le carte in regola per formulare previsioni attendibili circa il nostro futuro prossimo. Non sappiamo se ci sarà un collasso dell’economia. Non sappiamo se la crisi durerà uno o più anni. Non sappiamo se il prezzo del petrolio salirà o scenderà. Non sappiamo se ci sarà inflazione o deflazione, se l’euro si rafforzerà o si indebolirà. Non sappiamo se gli Usa del nuovo-Presidente saranno diversi da quelli del Presidente-guerrafondaio. Non sappiamo se Istraele e Palestina continueranno a scannarsi per tutta la vita. Non sappiamo nada de nada! La stampa, i politici, i sindacati, tacciono! Stra-parlano soltanto di federalismo, riforma della giustizia, cambiamento della forma dello Stato, grandi temi utopici che vengono quotidianamente gettati ad una stampa famelica di pseudo-notizie, mentre i veri cambiamenti si stanno preparando, silenziosamente, nelle segrete stanze. Comunque, anche se i prossimi anni non ci riservassero scenari drammatici, e la crisi dovesse riassorbirsi nel giro di un paio d’anni, non è detto che l’Italia cambierà davvero sotto la spinta delle tre riforme di cui, peraltro, si fa fino ad oggi solo un gran parlare. Del resto, non ci vuole certo la palla di vetro per intuire che alla fine la riforma presidenzialista non si farà (e se si farà, verrà abrogata dall'ennesimo referendario di turno), mentre per quanto riguarda le altre due riforme - federalismo e giustizia - se si faranno, sarà in modo così... all'italiana che porteranno più svantaggi che vantaggi: dal federalismo è purtroppo lecito aspettarsi solo un aumento della pressione fiscale, perché l’aumento della spesa pubblica appare il solo modo per ottenere il consnenso di tutta "la casta", e poi dalla riforma della giustizia verrà soltanto una "comoda" tutela della privacy al prezzo di un'ulteriore aumento della compra-vendita di politici, amministratori e colletti bianchi. Resta difficile capire, infatti, come la magistratura potrà perseguire i reati contro la pubblica amministrazione se "la casta" la priverà del "fastidioso" strumento delle intercettazioni telefoniche. Così, mentre federalismo, giustizia, presidenzialismo, occuperanno le prime pagine, è probabile che altre riforme e altri problemi, certamente più importanti per la gente comune, incidano assai di più sulla nostra vita. Si pensi alla riforma della scuola e dell’università, a quella degli ammortizzatori sociali, a quella della Pubblica Amministrazione. Si tratta di tre riforme di cui si parla poco, ma che, se andranno in porto, avranno effetti molto più importanti di quelli prodotti dalle riforme cosiddette maggiori. Forse non a caso già oggi istruzione, mercato del lavoro e pubblica amministrazione sono i terreni su cui, sia pure sottobanco, l’opposizione sta collaborando più costruttivamente con il governo. Ma il lato nascosto dei processi politici che ci attendono non si limita alle riforme ingiustamente percepite come minori. Ci sono anche temi oggi sottovalutati ma presumibilmente destinati ad esplodere: il controllo dei flussi migratori, il sovraffollamento delle carceri e l'emergenza salari. Sono problemi di cui si parla relativamente poco non perché siano secondari, ma perché nessuno ha interesse a farlo. Il governo non ha interesse a parlarne perché dovrebbe riconoscere un fallimento: gli sbarchi sono raddoppiati, le carceri stanno scoppiando esattamente come ai tempi dell’indulto e gli stipendi degli italiani sono i più bassi d'europa. L'opposizione non può parlarne perché ormai sa che le sue soluzioni-demagogiche - libertà, tolleranza, integrazione, solidarietà - riscuotono consensi solo nei salotti intellettuali. Eppure è molto probabile che con l’aumento estivo degli sbarchi, le carceri stipate di detenuti, i centri di accoglienza saturi, ed il mondo del lavoro dipendente duramente provato da un caro prezzi che non accenna a deflazionare, il governo si trovi ad affrontare una drammatica emergenza. Intanto, in Italia prosegue la propaganda dell'ottimismo a tutti i costi: stampa, sindacati e politica ci fanno sapere solo ciò che fa più comodo ai loro giochi, e "noi"- a forza di guardare solo dove la politica ci chiede di guardare - rischiamo di farci fottere. Buon Anno!