mercoledì 16 gennaio 2008

Un vero esempio di oscenità (giornalistica).

Inserisco il testo di un articolo pubblicato ieri da Stefano Menichini, direttore di Europa. A mio parere è proprio un bell’esempio di oscenità giornalistica, un testo da prendere a modello per insegnare agli apprendisti come non si deve scrivere.

Ecco qualche perla della finezza giornalistica di Menichini: “Una pagina nera della storia italiana, una vergogna nazionale”. “Per colpa di qualche decina di sprovveduti, impiegati frustrati della docenza, apprendisti stregoni di cose più grandi di loro, l’Italia annuncia al mondo che la sua civiltà e tolleranza è scesa a questo”. “Mediocri docenti partoriti da una università fallimentare si sono incaricati di mettere in luce la fragilità di un sistema di idee falsamente progressista”.
Frasi offensive, piene di rancore e livore sospetto, volte a screditare degli colleghi seri ed onesti della Sapienza.
Non so chi abbia mai conferito la patente per esercitare il mestiere di giornalista a Menichini, ma con questo articolo è sceso in basso e ha reso un pessimo servizio all’informazione.


Il giorno nero in cui muore la laicità

STEFANO MENICHINI

Una pagina nera della storia italiana, una vergogna nazionale. Ora partiranno veglie, preghiere e atti di contrizione, ma è soprattutto la dignità pubblica e laica del paese che esce offesa, umiliata, come più in particolare la sua capacità di mantenere e garantire ordine e sicurezza.
Per colpa di qualche decina di sprovveduti, impiegati frustrati della docenza, apprendisti stregoni di cose più grandi di loro, l’Italia annuncia al mondo che la sua civiltà e tolleranza è scesa a questo: un papa non può parlare in un’aula magna, un professore non può esprimere le proprie idee, un intellettuale non può difendere le proprie convinzioni: sono estreme.
Inascoltabili. Insostenibili.
Sabato sul manifesto un uomo che ha avuto alcuni meriti, e tra questi l’insegnamento sulla non neutralità della scienza, sulla libertà di criticarla e di metterne a nudo i limiti, concludeva un peraltro esile ragionamento con la domanda: potrebbe accadere una cosa del genere fuori dall’Italia? Si riferiva all’intervento di un pontefice in un’aula magna, come fosse una circostanza da Stato della Chiesa. A Marcello Cini, che di quel rozzo appello a non far entrare Ratzinger all’università è stato sventurato primo firmatario, basterebbe ricordare che pochi mesi fa un vero fondamentalista, vero pericolo per l’umanità e vero reazionario come Ahmadinejad ha potuto liberamente parlare alla Columbia University. Con Cini, quanti difensori della laicità hanno perso la patente per parlare di libertà di pensiero, di parola, d’insegnamento? Speriamo che né il Vaticano né i suoi sostenitori vorranno trasformare questa brutta figura nazionale nell’occasione per ulteriormente alzare i toni della polemica. La Chiesa non ha bisogno di altri martiri.
Paradossalmente, ma non tanto, verrebbe da dire ai cattolici: ora lasciate per un po’ il mondo laico da solo, a sbrigarsi questa faccenda. Lasciateci da soli, a confrontarci con le nostre paure, insicurezze, pigrizie, col terrore che s’incrini la certezza delle magnifiche sorti e progressive dell’umanità.
Un papa che parla, una Chiesa che vuole farsi ascoltare e contare, e tutto un sistema va in tilt: non è un gran sistema. Viviamo in una società di costumi liberi, libertini, libertari, come poche altre volte s’è visto nella storia dell’umanità.
Consumi e progresso sono le uniche religioni veramente rispettate. Ma basta davvero poco, basta che il papa teologo di una fede minoritaria porti fino in fondo alcuni ragionamenti dirompenti, e che un intellettuale giornalista lo sostenga con vivacità di iniziativa politica, perché la debolezza venga tutta allo scoperto.
Mediocri docenti partoriti da una università fallimentare si sono incaricati di mettere in luce la fragilità di un sistema di idee falsamente progressista, tanto che ora se ne spaventano e prendono le distanze. Intelligenze declinanti come quella di Asor Rosa hanno recitato sulla scena pubblica, si spera per l’ultima volta, il funerale dell’antica forza del pensiero laico.
Se questa è la scienza e questi sono coloro che dovrebbero diffonderla e difenderla, ce ne sentiamo distanti, e già non è che ne avessimo una fiducia incrollabile.
Un’altra rifondazione s’impone. Ma non sappiamo davvero più da dove si possa cominciare

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